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Padroni dei dati, padroni dell’umanità


martedì 12 dicembre 2023
Atti del convegno "Il nuovo uomo della rivoluzione digitale tra diritto in itinere e scienze umane" di Avv. Gianni Dell'Aiuto



 

Atti del convegno "Il nuovo uomo della rivoluzione digitale tra diritto in itinere e scienze umane": il contributo dell'Avv. Gianni Dell'Auto

“Chi controlla le scorte alimentari controlla la gente; chi controlla l’energia può controllare interi continenti; chi controlla il denaro può controllare il mondo.”

È una frase di Henry Kissinger, già consigliere per la sicurezza e Segretario di Stato del presidente statunitense Richard Nixon, recentemente scomparso: una mente a dir poco brillante nonostante le polemiche su di lui. Quando Kissinger la pronunciò il mondo era diverso; non solo c’erano ancora la lira e il Muro di Berlino, ma, in particolare, il computer non era entrato in ogni casa, oltre che in ogni ufficio, come Bill Gates si promise quando fondò Microsoft nel 1975.

Oggi la frase deve essere necessariamente integrata, perché i veri padroni del mondo sono potenzialmente (?) diventati coloro che detengono le informazioni o, meglio ancora, i dati personali che costituiscono il carburante della rete. Internet senza dati sarebbe solo una macchina spenta; senza dati da elaborare, i computer avrebbero poco o nulla da fare. In altre parole, senza input di dati, i computer non avrebbero informazioni su cui eseguire operazioni.

I computer sono strumenti che manipolano e processano dati attraverso una serie di istruzioni definite dai software. E non parliamo solo di calcoli matematici: tutti noi sappiamo quale è la potenza dei computer oggi e l’Intelligenza Artificiale ne è solo un'ultima evidente prova ma che, probabilmente, oggi è solo la punta dell’iceberg del mondo di Internet. E i dati li forniamo noi, costantemente, quotidianamente, con i nostri click, like, condivisioni, mail, post e interazioni. Lo facciamo anche se non vorremmo, senza pensarci, senza riflettere sulle conseguenze.

Abbiamo iniziato a farlo quando acquistammo il nostro primo strumento che ci permise di connetterci con la rete e di andare oltre le vecchie pagine web statiche.
Il punto di non ritorno è stata la nostra iscrizione ad una piattaforma social. In quel momento, realmente inconsapevoli delle conseguenze dei nostri click, abbiamo stipulato un contratto con il quale le varie Facebook, Twitter, Instagram, oppure ai loro antenati, Six Degrees e MySpace, ci mettevano a disposizione uno spazio che noi ritenevamo fosse gratuito: una gentile concessione di cui potevamo beneficiare. Invece in quel momento abbiamo concluso un vero e proprio contratto. Un accordo giuridico con il quale accettavamo di pagare quello spazio con i nostri dati e la possibilità di utilizzo, praticamente indiscriminato, alla nostra controparte negoziale.

Da quel momento non siamo stati più padroni dei monitor dei nostri computer, tablet e smartphone, sui quali compariva non certo ciò che volevamo o era il meglio per noi, ma i risultati di una capillare elaborazione da parte dei sistemi del nostro “io” digitale. Con ogni nostra interazione digitale, infatti, abbiamo creato la nostra identità virtuale: un avatar che vive in rete e che rappresenta la nostra personalità come viene costruita (e manipolata) da chi gestisce internet. Ecco, quindi, che il sistema decide, ad esempio, se farci comparire pubblicità di viaggi o calcio, di quale tipo di abbigliamento e, anche, messaggi politici. È dall’elezione di Obama negli Stati Uniti che la rete ha un ruolo determinante nel formarsi e spostare i voti. Ed è solo l’inizio. Oggi aziende come Meta, Microsoft, Amazon, per non parlare di Google, dispongono e custodiscono una quantità di informazioni che tutti i servizi segreti del mondo, presenti e passati, non avrebbero mai potuto raccogliere. Ed hanno anche la capacità di gestirle e usarle. 

Possiamo liberarci di tutto ciò? Qualcuno propone di eliminare la possibilità di una serie di attività dalla rete o, addirittura, rivendica il diritto a vivere senza Internet. Facile a dirsi ma difficile a realizzarsi quando ogni amministrazione pubblica si sta digitalizzando. Ed anche questa è la punta di un iceberg. La strada verso il futuro è digitale e ne è consapevole il legislatore europeo che, dopo il GDPR, ha predisposto un nuovo regolamento per cercare di gestire l’Intelligenza Artificiale e proteggerci dai suoi possibili effetti negativi.

Quando il provvedimento entrerà definitivamente in vigore avremo un quadro più chiaro ma, al momento, possiamo solo promuovere la consapevolezza dell’importanza dei nostri dati e la loro protezione, ma consci che sono già in mano di chi ha la possibilità di controllare l’umanità.




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