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giovedì 26 settembre 2024
Di Avv. Gianni Dell'Aiuto
In un mondo sempre più tecnologico, il termine "privacy" evoca spesso immagini di firewall, antivirus e server blindati. Tuttavia, la realtà è ben più complessa. La protezione dei dati personali non è solo una questione di sistemi informatici, ma coinvolge l'intera struttura organizzativa di un'azienda, dalle procedure ai documenti ufficiali, passando per la consapevolezza del personale. La vicenda di una caposquadra portalettere sospesa per non aver accettato una lettera di designazione al trattamento dei dati personali ne è un chiaro esempio.
La vicenda riguarda una lavoratrice, che si è trovata al centro di un caso giudiziario che mette in luce l'importanza dei documenti, della formazione e della responsabilità individuale nel trattamento dei dati. L'azienda, in attuazione del Regolamento Europeo sulla protezione dei dati personali (GDPR n. 2016/679), le aveva inviato una lettera di designazione, nominandola autorizzata al trattamento dei dati sensibili per ragioni di servizio.
Tuttavia, la lavoratrice si è rifiutata di firmare la designazione, negando così il consenso al trattamento dei dati altrui. Inoltre, ha chiesto di essere assegnata a mansioni diverse, che non implicassero la gestione di informazioni sensibili. Di fronte a questo rifiuto, l'azienda ha proceduto con la sospensione dal servizio e dalla retribuzione, decisione contro la quale la dipendente si è opposta e ha intrapreso un giudizio chiedendo, in via d'urgenza, la revoca delle sanzioni.
Il tribunale di Udine, però, ha respinto le richieste della lavoratrice, ritenendo legittime le sanzioni imposte dall'azienda. La mancata firma della lettera di designazione, secondo i giudici, rendeva impossibile lo svolgimento di mansioni che implicano necessariamente il trattamento di dati personali. La nomina ad autorizzato al trattamento non è, infatti, una formalità, ma un passaggio cruciale che richiede l'accettazione esplicita del destinatario. Senza tale accettazione, la nomina resta priva di effetti, e l'impresa non può considerare il dipendente idoneo a svolgere compiti che prevedono il trattamento di dati.
Per saperne di più > Il registro delle attività di trattamento dei dati personali
Questa vicenda ci ricorda che la protezione dei dati non si esaurisce con l'implementazione di sofisticati sistemi di sicurezza informatica. La vera sicurezza si basa su una solida consapevolezza da parte di tutti i soggetti coinvolti, vale a dire l’intera filiera aziendale attraverso cui passano i dati, sotto ogni forma possibile di trattamento.
Lettere di autorizzazione, incarichi formali e documenti sono strumenti fondamentali per garantire che chiunque tratti dati personali lo faccia con la dovuta responsabilità.
Da notare che, nel caso specifico, la lavoratrice avrebbe oltretutto esercitato un proprio diritto – quello di non voler trattare dati sensibili – ma, nel farlo, ha negato una parte essenziale delle sue funzioni. Se da un lato è vero che il trattamento dei dati richiede accettazione e consapevolezza, è altrettanto vero che chi ricopre determinate mansioni deve comprendere l’importanza del proprio ruolo in questo ambito. In mancanza di questa consapevolezza, la macchina organizzativa si blocca, ed è legittimo che l'azienda adotti provvedimenti per garantire la continuità del servizio.
L'azienda ha pertanto agito nel rispetto delle normative e delle proprie prerogative, irrogando sanzioni necessarie per garantire la conformità con il GDPR e la continuità operativa. La gestione dei dati personali non è solo una formalità: è un obbligo legale che impone a tutti i soggetti, sia interni che esterni all'azienda, di rispettare rigorosi standard di trattamento.
Per saperne di più > Chi tratta i dati nella tua azienda?
Senza l’accettazione, il lavoratore non era autorizzato a maneggiare dati personali, mettendo a rischio l'intero sistema di protezione dei dati dell'azienda. La scelta aziendale era, quindi, non solo opportuna ma necessaria, per evitare una violazione delle norme che avrebbe potuto costare caro all’azienda in termini legali e reputazionali.
Tutto ciò sottolinea ancora l'importanza di una costante formazione del personale sugli aspetti legati alla privacy, non solo quelli IT. Ogni dipendente che tratta dati, anche solo occasionalmente, deve essere pienamente consapevole delle sue responsabilità e del quadro normativo entro cui opera. Le aziende, dal canto loro, devono garantire un controllo rigoroso non solo sui fornitori esterni di servizi tecnologici, ma anche su tutto il personale interno, affinché nessuno si trovi impreparato o inadempiente di fronte ai requisiti imposti dal GDPR prima che sia il Garante a ricordarlo con le sue sanzioni.
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