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lunedì 22 settembre 2025
Di Avv. Gianni Dell’Aiuto
Il 25 maggio 2018 non era una data da calendario. Non era un esercizio burocratico, né un avviso da cestinare. Era un ultimatum.
Quel giorno entrava in vigore il GDPR, e le aziende europee non avevano più scuse. Si trattava di cambiare. Radicalmente.
Non “aggiornare due moduli”, non “scaricare una policy da internet”. Cambiare davvero. Significava riscrivere le regole interne, formare le persone, assumersi responsabilità, mettere ordine nella gestione dei dati. Significava accettare il principio dell’accountability: sei responsabile di ogni trattamento, e lo devi dimostrare. Non a parole. Con documenti, registri, procedure, prove.
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Eppure, molti hanno fatto spallucce. Hanno trattato quella data come una scadenza da ufficio amministrativo. Hanno messo la “pecetta” sul sito e hanno pensato di essere a posto. Ma la verità è che la privacy policy online non serve a nulla se dietro non c’è un’organizzazione reale. È la facciata di una casa senza fondamenta. Alla prima scossa crolla.
E invece? Avete nominato DPO la segretaria, pensando che bastasse un nome sulla carta per risolvere il problema. Continuate a credere che la privacy policy del sito sia “tutto”. Usate ancora la stessa password del 2008 perché “tanto non mi hanno mai rubato i dati”. E vi convincete che i criminali informatici cerchino sempre qualcun altro, mai voi. Una roulette russa giocata con leggerezza, come se il colpo non potesse mai capitare nella vostra camera.
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E non parliamo delle lettere di incarico: in molte aziende non esistono o, peggio, sono firmate tanto per far vedere qualcosa al consulente. Senza lettere di incarico precise, senza istruzioni puntuali, chi tratta i dati non sa cosa deve fare, non sa cosa non deve fare, e spesso non capisce nemmeno perché lo fa. E quando il Garante bussa, non servono giustificazioni: servono documenti, procedure, prove.
Il GDPR non chiede miracoli. Chiede serietà. Vuoi trattare dati? Bene. Dimostra come li raccogli, chi li vede, dove li conservi, per quanto tempo li tieni, come li cancelli. Vuoi il consenso? Non basta una firma: devi essere trasparente, devi spiegare, devi dare la possibilità di dire no. Hai un data breach? Entro 72 ore devi alzare il telefono e dirlo al Garante, e magari anche ai tuoi clienti. Non c’è più spazio per le omissioni.
E i dipendenti? Quanti imprenditori pensano ancora che la privacy riguardi solo i clienti? I dati più delicati sono spesso quelli dei lavoratori: buste paga, permessi, malattie, procedimenti disciplinari. Vengono trattati come si trattano i dati di un lead commerciale? Quasi mai. Eppure, il GDPR non fa sconti: un indirizzo mail sbagliato o un certificato medico esposto valgono quanto una lista clienti rubata.
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Molti non hanno ancora capito che la vera rivoluzione non è stata tecnologica, ma culturale. Il GDPR ha tolto l’alibi. Non basta più dire “non lo sapevo” o “me l’ha fatto l’informatico”. Oggi sei tu il responsabile. Se non documenti, sei inadempiente. Se non formi, sei negligente. Se non notifichi, sei colpevole. Non ci sono scorciatoie.
Il 25 maggio 2018 non era una data, era un punto di non ritorno. Chi non l’ha capito allora, oggi paga le conseguenze: multe, data breach, clienti persi, reputazione distrutta. Perché i regolatori non hanno più pazienza, i clienti non hanno più fiducia e i dipendenti non hanno più voglia di sentirsi invisibili.
Fatevi una domanda: siete pronti a guardare in faccia la realtà? Avete davvero un’organizzazione in grado di dimostrare, punto per punto, come trattate i dati? O vivete ancora di illusioni, pensando che la privacy policy sul sito vi salverà?
Il GDPR non è stato un consiglio. È stato un ultimatum. Chi lo ha capito ha trasformato la compliance in un vantaggio competitivo. Chi ha fatto finta di nulla ha solo preso tempo. E il tempo, quando si parla di dati, è il peggior nemico: perché i rischi crescono, le falle si moltiplicano e i nodi vengono sempre al pettine.
Non illudetevi: la scelta non è tra fare o non fare. È tra fare oggi con metodo e lucidità. E se pensate che la privacy sia un fastidio e il GDPR un pezzo di carta, avete già perso. Non è una legge cattiva e costosa il vostro problema. Siete voi.
giovedì 25 settembre 2025
lunedì 15 settembre 2025
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