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Nuovi pericoli in rete: il deepfake


lunedì 20 gennaio 2020
Avv. Gianni Dell’Aiuto





Matteo Renzi, in un falso fuorionda a "Striscia la notizia", ha fatto conoscere anche al grande pubblico il deepfake. La parola è un neologismo abbastanza recente e descrive il risultato di quella tecnologia basata sull’intelligenza artificiale che permette la creazione di video praticamente perfetti nei quali su un video viene montato il volto di un personaggio noto (o meno noto), al quale viene fatto dire o fare, ciò che vuole l’autore del trucco.

Nel caso del TG satirico, è stato semplice comprendere che si trattava di un video palesemente falso, ed il pubblico, perlomeno quello un minimo lungimirante, se ne è reso immediatamente conto. Ma cosa accadrà quando il video, che quasi certamente diventerà virale, verrà visto da qualcuno che non si renderà conto del falso? Ovviamente ci crederà, allo stesso modo in cui qualcuno crede ai titoli dell’ormai celeberrimo sito www.lercio.it o a qualche altra bufala che circola in rete. E sono sempre più in aumento.

Ma il rischio dei Deepfake non deve essere sottovalutato, perché gli effetti potrebbero essere realmente devastanti. Ne sanno qualcosa alcuni personaggi pubblici che hanno visto il loro volto montato su scene di film pornografici. E’ accaduto a Emma Watson, Arianna Grande, Scarlett Johansson. Quest’ultima ne ha parlato pubblicamente minimizzando, nel suo caso, gli effetti dei video in rete. Forte della sua personalità e fama, l’attrice non si considerava danneggiata, pur ponendo in evidenza preoccupazioni sul fenomeno. Quante donne, però, potrebbero dire la stessa cosa dopo avere scoperto in rete un video che le vede come protagonista di scene pornografiche? Magari postato da un ex vendicativo o da un corteggiatore rifiutato?

Molti siti, come Twitter e Youtube, hanno deciso di bannare i deepfake ma sembra sia una battaglia persa, stante l’impossibilità obiettiva di poter monitorare in rete quantitativi enormi di video che vengono scaricati ogni giorno, tenendo anche presente che esistono app, facilmente scaricabili, sempre più perfezionate che permettono di creare video fake.

Sono stati ovviamente usati anche in politica: Donald Trump, Putin, Obama, Nancy Pelosi (che è stata fatta apparire completamente ubriaca) tra le vittime. Probabilmente molti altri ne verranno, specialmente con l’approssimarsi delle elezioni; e non solo negli Stati Uniti.

Un deepfake può essere creato anche per goliardia. In questi giorni sono circolati molti video su Papa Francesco a seguito della sua reazione contro una fedele che lo stava strattonando; ma in questi casi è facile capire che si è di fronte a spudorati montaggi. Come reagire invece, ad esempio, di fronte alle immagini perfettamente montate di un premier o un ministro che lancia un allarme economico, con gravi ripercussioni sulle borse di tutto il mondo? In un momento delicato come questo a livello internazionale, chiunque potrebbe creare deepfake da utilizzare non solo per scopi di disinformazione, ma anche per provocare reazioni inconsulte nel campo avversario o cercare di strumentalizzare masse che, già infiammabili, non vedono l’ora di ricevere un messaggio particolarmente gradito o sgradito per scendere nelle piazze.

Appare pleonastico, ma opportuno, ricordare che i deepfake si prestano come strumenti ideali per perpetrare truffe a più livelli. Da quelle sentimentali, con la creazione di partner “ideali”, fino a quelle commerciali. Come potremmo, oggi, avere la certezza che l’immagine con cui stiamo avendo una conference call on line, sia realmente il nostro cliente o consulente o un’immagine costruita ad arte?

Oltretutto, e non dobbiamo mai dimenticarlo, i professionisti del crimine online, hanno a loro disposizione i complici ideali per portare a termine le loro truffe, vale a dire noi stessi. Quando entriamo in rete, infatti, ricordiamoci e chiediamoci sempre se usiamo e stiamo mettendo in atto quelle cautele minime per proteggerci o se, al contrario, stiamo mettendo in mano a malintenzionati i nostri dati e le nostre immagini perché possano essere usati a nostro danno. Basti pensare ai programmi di invecchiamento del volto o alla "Ten years challenge" che hanno spopolato sui social. Adesso sanno anche come eravamo dieci anni fa e come saremo tra venti.




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