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Nuovo brevetto: Spotify si mette in ascolto per tracciare il nostro umore


mercoledì 17 febbraio 2021
di s-mart.biz



In questi giorni si fa un gran parlare di Spotify, per svariati motivi: il primo è l'aver annunciato pubblicamente lo smart working totale per tutti i 3000 dipendenti sparsi nel mondo, superando così dicono il concetto stesso di "ufficio". «Nessuno dovrà più scegliere tra la comunità dei suoi sogni e il lavoro dei suoi sogni» , dichiarano i portavoce dell'azienda. Il secondo motivo per il quale si fa un gran parlare di Spotify è l'aumento, che ha sollevato non poche polemiche, dell'aumento dei prezzi degli abbonamenti, che però consegue alle perdite economiche, triplicate nel 2020 (anche se aumentano gli abbonati).

E' invece rimasta ad appannaggio quasi esclusivo degli addetti ai lavori una discussione che vede sempre Spotify al centro, ma che potrebbe scavalcare Spotify stessa: la notizia è che l'azienda ha ottenuto un brevetto che le consente, detto in parole più semplici possibili, di ascoltare noi stessi e i rumori di fondo, identificare il nostro umore e quindi suggerire certe tracce piuttosto che altre. Si, Spotify ci ascolterà per tracciare le nostre emozioni e fornirci un servizio più personalizzato: tutte le informazioni raccolte infatti dall'ambiente che ci circonda serviranno ad affinare l'algoritmo tramite il quale sono selezionate le tracce e gli artisti da suggerire.

Il brevetto, chiamato "Identificazione degli attributi di gusto da un segnale audio" è stato presentato già nel 2018, ma l'approvazione è arrivata solo il 12 gennaio 2021: prevede la raccolta e l'analisi di tutti i dati vocali degli utenti, dai discorsi al tono della voce, fino all'analisi dei rumori di fondo provenienti sia dall'ambiente fisico che da quello sociale per catalogare il nostro umore in 4 stadi: “felice, arrabbiato, triste o neutrale”. Il sistema tramite il quale fare tutto questo non è ancora stato approntato ma dovrà prendere spunto, pare, da un altro brevetto che già consente a Spotify di registrare e collezionare dati audio dell'utente mentre fa karaoke.

E' la messa a profitto delle emozioni, tema spinoso che ha portato Spotify a mettere le mani avanti già al momento della presentazione della richiesta di brevetto: “E’ normale per un’applicazione di streaming multimediale includere funzionalità che forniscono consigli multimediali personalizzati a un utente” si legge nell'intro della richiesta.

La volontà di Spotify è quella di aggiungere tali dati "emozionali" a quelli che già Spotify raccoglie (cronologia degli ascolti, librerie musicali, dati degli amici ai quali consigliamo l'ascolto di un brano ecc ecc...) per avere una profilazione più completa possibile dell'utente: per farlo l'app ci ascolterà continuamente (sfruttando il microfono del nostro dispositivo).

Tecnicamente parlando, per quanto ad ora sia al lavoro una enorme equipe di studiosi che sta approntando l'intero sistema, l'idea è quella di costruite un modello di analisi stocastico secondo il modello Markov. Detto in parole semplici, tale modello dovrebbe consentire di disegnare un identikit di un utente usando elementi che però non sono statici, ma variano nel tempo. Sembra tutto molto complesso, ma da Spotify fanno sapere di essere disposti a tutti per implementare tale modello, visto che "le persone si stancano di rispondere ai questionari", cosa che rende necessario trovare altri metodi per cogliere i gusti degli utenti.

Inutile dire che le polemiche già sono divampate: c'è chi fa notare che Spotify già offre consigli personalizzati per l'utente, ma fino ad ora l'algoritmo si è basato solo sulla musica ascoltata e le playlist salvate, mentre intercettare rumori di fondo e discussioni concretizzerebbe una vera e propria violazione della privacy. I più critici fanno invece notare come questa tecnologia scavalchi l'enneismo limite, l'ennesima barriera, aggiungendo la raccolta dei dati emozionali per "profilarci fin nel cervello".

 




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