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Foto in manette? Un importante provvedimento del Garante indica precisi limiti


martedì 6 aprile 2021
Avv. Gianni Dell’Aiuto





Un grave fatto di cronaca e l’immediato arresto di due possibili responsabili è il prologo, prontamente immortalato dalle fotocamere dei giornalisti, e l’immagine di due ragazzi in manette viene pubblicata sul sito di un quotidiano di rilievo nazionale. Nell’immediatezza del fatto, il Garante per la Privacy interveniva disponendo il divieto di ulteriore trattamento delle stesse immagini o di altre analoghe poiché prive di misure adeguate a escludere la visibilità di dettagli non essenziali lesivi della dignità dei soggetti ripresi, salva la conservazione ai fini di un utilizzo in sede giudiziaria.

Già in sede di questo primo intervento il Garante, pur riconoscendo l’importanza del diritto di cronaca e di una corretta informazione, poneva in evidenza come non potessero essere pubblicate immagini di persone soggette a coercizione fisica, in particolare manette, come previsto dall’art. 114 comma 6 Codice di Procedura Penale. Il successivo intervento e le giustificazioni fornite dal Titolare del trattamento, nella specie l’editore della testata, non sono stati ritenuti sufficienti dall’Authority per la protezione dei dati anche a fronte della rilevanza del fatto e di come anche le Forze dell’Ordine che avevano proceduto all’arresto avessero a loro volta diffuso video dell’operazione.

Il Garante, nel suo successivo provvedimento, ha mosso il suo ragionamento partendo dall’osservazione di come la pubblicazione di foto in manette non avesse natura di informazione essenziale e, in tal senso, ha anche citato una decisione della Corte di Cassazione che, basandosi anche sulle regole deontologiche del giornalismo, impone maggiori cautele nella diffusione di immagini che abbiano una potenzialità lesiva della persona tenuto conto anche dell’enfasi che può dare uno strumento visivo che può portare addirittura una percezione decontestualizzata non suscettibile di controllo.

Nel caso specifico è stato poi considerato che la testata in questione non aveva riscontrato il primo invito del Garante a rimuovere le immagini e neppure aveva risposto alle richieste di informazioni. Su quest’ultimo punto l’Authority ha specificamente censurato le giustificazioni successivamente fornite, secondo le quali la mancata risposta sarebbe dovuta ad una mancanza di comunicazione tra gli uffici interni: simili “disattenzioni” non possono essere esimenti e, in tal senso, ha ricordato all’editore che, come titolare del trattamento, è suo dovere adottare le misure tecniche e organizzative adeguate alla corretta applicazione della norma e tutelare i diritti degli interessati.

Ulteriore elemento valutato come aggravante è stata la circostanza che altre testate dello stesso gruppo editoriale avessero tolto le immagini oggetto del procedimento e che solo una le avesse ancora online fino quasi alla data della decisione, giunta oltre un anno dai fatti per la necessaria istruttoria. La decisione del Garante non poteva essere, quindi, che il definitivo divieto di trattamento delle immagini oltre all’invio del provvedimento all’Ordine dei Giornalisti per eventuali sanzioni disciplinari e, non ultima, una sanzione pecuniaria di ventimila euro.

Il messaggio è chiaro: la dignità delle persone prevale e va oltre il dovere di cronaca quando porta alla pubblicazione di particolari lesivi della dignità dell’individuo e ultronei al diritto di informazione. Resta infine aperta anche la possibilità del risarcimento del danno nei confronti della testata.




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