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Whatsapp legge i contenuti delle chat, nonostante la criptazione end-to-end: l'inchiesta di ProPublica mette sotto accusa l'app


lunedì 13 settembre 2021
di GDPRlab.it



Altro che criptazione end-to-end! Secondo una approfondita inchiesta della testata giornalistica ProPublica, Whatsapp impiega oltre 1000 freelance per leggere e analizzare le conversazioni con gli utenti. In dettaglio, spiegano da ProPublica, Facebook ha a disposizione ben 1000 collaboratori esterni, sparsi tra le varie sedi di Austin, Dublino e Singapore, la cui mansione è quella di esaminare milioni e milioni di contenuti, indipendentemente che siano foto, video, testi ecc...

Le analisi avvengono tramite l'uso di un software sviluppato proprio da Facebook: i freelance verificano tutti i contenuti che sono segnalati (da persone, ma anche automaticamente dall'algoritmo) come impropri, spam o potenziale fonte di abuso, ma anche frodi, messaggi violenti e materiali pornografici. E' il sistema che Whatsapp ha approntato per eliminare gli abusi, ma anche per bloccare fake news, disinformazione, ricatti ecc... Entro un minuto i freelance devono dare il loro parere sul materiale che stanno verificando e confermare o rigettare la segnalazione: in conseguenza, possono decidere di bloccare un account, avvisare un utente (cartellino giallo) o perdonarlo ecc... Secondo Pro Publica questi "osservatori" avrebbero accesso agli ultimi 5 messaggi delle chat considerate "potenzialmente fuorilegge". Insomma, una realtà molto diversa da quella presentata dalla piattaforma, nella quale si può trovare esplicitamente scritto che nessuno, nemmeno Whatsapp, può leggere i messaggi scambiati:

"La crittografia end-to-end di WhatsApp viene impiegata quando invii un messaggio a un contatto tramite WhatsApp Messenger. La crittografia end-to-end garantisce che solo tu e la persona con cui stai comunicando possiate leggere o ascoltare ciò che viene inviato, e nessun altro, nemmeno WhatsApp. Questo perché con la crittografia end-to-end, i messaggi sono protetti da un lucchetto, e soltanto tu e il destinatario dei messaggi ne possedete la chiave che permette di sbloccarli e leggerli."
Fonte: https://www.whatsapp.com/security

Le fonti di ProPublica
L'inchiesta in oggetto, oltre a varie testimonianze, tiene di conto anche le informazioni contenute in una denuncia che un whistleblower di Facebook ha depositato nel 2020 presso la Securities and exchange commission degli Stati Uniti: si afferma che Whatsapp utilizza "schiere di contractor e sistemi di intelligenza artificiale per esaminare testo, immagini e video degli utenti". Il servizio è stato appaltato da Whatsapp alla società di consulenza Accenture ed è questa a mettere a disposizione i 1000 freelance. Sono questi che gestiscono le segnalazioni inviate dall'algoritmo di verifica dei contenuti (che è capace di auto apprendere e "pescare" nel mare magnum di Whatsapp con sempre maggiore precisione) e dagli stessi utenti.

Oltre a ciò ProPublica dichiara di possedere prove rispetto al fatto che Whatsapp condivida i metadati dei propri utenti con le forze dell'ordine: secondo i giornalisti, si deve a tali metadati il processo ad un funzionario del dipartimento del Tesoro USA che avrebbe fatto trapelare materiali riservati alla redazione di BuzzFeed News, usati a loro volta dalla redazione per una inchiesta giornalistica sul riciclaggio di denaro sporco tramite le banche americane.

Si apre quindi un altro dubbio: Whatsapp registra alcuni dati, come descritto puntigliosamente da Pro Publica, e questo avviene nonostante, nell'informativa agli interessati, sia scritto esplicitamente che “Una volta consegnati i messaggi, questi vengono eliminati dai nostri server” e che l'unico caso di conservazione temporanea di dati nei server sia dovuto ai messaggi non consegnati perchè il destinatario risulta offline (ma si parla comunque si un massimo di conservazione di 30 giorni).

Ad ora, all'inchiesta di Pro Publica Whatsapp ha replicato dicendo che: " le decisioni che prendiamo sono sempre incentrate sulla privacy anche quando preveniamo e limitiamo gli abusi". Sottolineando come non si possa parlare di "moderazione dei contenuti".

 




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