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La follia dell'esercizio del diritto all'oblio: i social sono al di sopra delle regole?


giovedì 13 gennaio 2022
di Alessandro Papini - Presidente AIP





Il GDPR ha sicuramente portato più sicurezza, più innovazione e più protezione dei nostri dati. Un po perchè ne abbiamo parlato in tutti i media possibili, un pò per le sanzioni elevate e la paura che incutono, ma il risultato è stato portato a casa a beneficio dei cittadini ma anche della reputability aziendale. Non c'è che dire, è un grande inizio! C'e però ancora tanta strada da fare.

Un esempio calzante riguarda l'esercizio del diritto all'oblio in base agli art. 17-22 del GDPR. Da addetto ai lavori mi capitano decine di casi di persone che, per varie ragioni, vogliono essere dimenticati da Internet: un diritto sacrosanto e inalienabile. Quando mi trovo ad avere a che fare con testate giornalistiche o blog la strada è semplice e molto spesso porta ad ottimi risultati nel breve.

Il regolamento europeo ha messo nella condizione tutte le testate e i provider di spazi blog di palesare un dpo e un indirizzo email per i contatti. In questo modo, con un'argomentazione forte e corroborata da prove documentali si può facilmente contattare l'indirizzo destinato a questioni di privacy e al 99%, nei tempi stabiliti dal Garante (1 mese), si riesce ad ottenere risposta positiva o negativa. Poi ovviamente, in caso di risposta negativa, essendoci un carteggio email è molto semplice inoltrare reclamo al Garante per la protezione dei dati.

Ma quando si ha a che fare con i social network il discorso cambia nettamente: non c'è un email di riferimento (mi sfugge perchè), ma occorre utilizzare delle pagine di procedura automatica che spesso non vengono prese in considerazione o non danno la possibilità di inoltrare documentazione scritta a supporto della richiesta. Per non parlare delle pagine oramai abbandonate ma purtroppo esistenti, dove sono ahimè presenti le notizie che vorresti far cancellare: in quel caso si entra in un dedalo dal quale difficilmente si riesce ad uscire.

In questi casi merita giocarsi la richiesta di deindicizzazione da Google per ottenere una vittoria parziale.

Credo che la direzione giusta sia dare la possibilità a tutti i cittadini che esigono di esercitare il diritto all'oblio di poter dialogare direttamentecon un addetto ai lavori che, come recita il GDPR, deve richiedere tutta la documentazione e nel termine di un mese fornire la risposta.

Non è più tempo, sopratutto per i grandi colossi social, di giocare a nascondino su un diritto così importante che permette a tutti coloro che hanno voltato pagina di essere dimenticati dalla rete. Fino a quel momento non potremo parlare di democrazia della rete.




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