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Uso e abuso di dati a fini pubblicitari. Primi paletti?


lunedì 6 maggio 2024
di Avv. Gianni Dell'Aiuto



 

Siamo ormai ben consapevoli, ma non rassegnati, al fatto che Meta, prima tramite Facebook, poi Instagram e dopo anche WhatsApp, ha in venti anni raccolto una mole di dati e informazioni su tutti noi che non basterebbero descrizione fantozziane per rendercene conto. Tutti questi dati sono stati usati, in maniera anche indiscriminata, per profilare tutti gli utenti e ingolfare i nostri device con quantitativi enormi di pubblicità non proprio espressamente richiesta.

Forse si è iniziato a mettere alcuni limiti all’uso selvaggio dei nostri dati.

È il sito di NOYB – European Center for Digital Rights (che usa l’acronimo NOYB per "none of your business" che in italiano potremmo tradurre in "non sono affari tuoi") un’organizzazione non-profit con sede a Vienna, nata nel 2017 che fornisce la notizia. Il caso è quello dell’avvocato Maximilian Schrems, attivo nell’ambito della protezione dati e presidente onorario dell'associazione che si era rivolto alle competenti autorità austriache sostenendo di aver ricevuto pubblicità specifiche per omosessuali senza aver mai fatto nessun cenno sui social del suo orientamento sessuale, menzionato solo in una conferenza pubblica. La conclusione a cui l’avvocato è giunto è che, per inviare tale pubblicità, Meta aveva profilato questo suo dato che non era nella sua disponibilità ma, bensì, ottenuto da altre fonti.

La questione è stata portata all’attenzione della autorità europea per delle importanti questioni pregiudiziali, ivi compresa una sul principio di minimizzazione sulla quale l’avvocatura generale presso la Corte di Giustizia UE ha espresso un parere interessante e che ben si inserisce in una corretta interpretazione del GDPR.
Un primo punto oggetto di valutazione è stato il trattamento dei dati personali per scopi di pubblicità mirata senza limiti di tempo o specifiche valutazioni sulla tipologia dei dati. Secondo il parere dell'Avvocatura europea, l'articolo 5, paragrafo 1, lettera c del GDPR, vieta che alcuni dati personali siano trattati per pubblicità mirata senza limiti temporali o di tipologia dei dati.

Per saperne di più > DATAFICATION: la nostra esistenza in dati


Un secondo aspetto, più attinente al caso specifico riguarda l'espressione dell'orientamento sessuale da parte dell'interessato in un contesto pubblico. Nonostante l'articolo 9, paragrafo 2, lettera e del GDPR, riconosca il diritto di un individuo di rendere manifestamente pubblico il proprio orientamento sessuale, ciò non autorizza automaticamente il trattamento di tali dati per fini di pubblicità personalizzata. Come dire: il fatto notorio, non reso espressamente pubblico su una piattaforma, non può essere utilizzato per essere letto in quel contesto specifico né, tantomeno, in correlazione con gli altri dati inseriti sul social.

Secondo il sito di NOYB l'uso dei dati nell'ambito pubblicitario deve essere vincolato da criteri temporali, tipologici e di provenienza e il parere del procuratore va proprio in questa direzione. Per anni, Meta e le altre piattaforme social hanno accumulato una vasta quantità di informazioni sugli utenti, una riserva che continua a crescere incessantemente, sfruttandoli per scopi pubblicitari, senza alcuna restrizione come, comunque, dichiarato nelle condizioni di iscrizione. Ribadiamolo che il rapporto tra utente e social, è un contratto perfettamente vincolante per entrambe le parti.

Il GDPR è intervenuto, inserendo, tra i suoi principi cardine, anche quello della minimizzazione dei dati per contrastare tale pratica. Meta, tuttavia, sembra avere finora ignorato questo principio, senza prevedere alcun meccanismo né, tantomeno, una chiara politica di cancellazione dei dati. L’applicazione del principio invocato andrebbe a limitare in modo significativo l'uso dei dati personali per la pubblicità, anche nel caso in cui gli utenti abbiano acconsentito agli annunci personalizzati. È importante porre in evidenza che questo principio si applica indipendentemente dalla base legale utilizzata per il trattamento dei dati. In altre parole, anche coloro che acconsentono alla pubblicità personalizzata non possono permettere un utilizzo illimitato dei propri dati senza forma di controllo alcuno o, ancora, lasciarli nella disponibilità assoluta e senza controllo di una piattaforma.




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