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Cultura della privacy. Le micro-violazioni quotidiane


lunedì 26 maggio 2025
Di Avv. Gianni Dell'Aiuto



La privacy non la violano solo le multinazionali o le app cinesi. A volte la violi tu, senza saperlo.

Microviolazioni

Una mail stampata e lasciata sulla scrivania. Una cartella condivisa aperta a troppi. Un nome detto a voce alta nel momento sbagliato. Il collega che sbircia uno schermo non bloccato. La foto del team postata online senza chiedere a nessuno. Sono piccole cose. Ma la somma fa il danno.
Viviamo immersi in un mondo di micro-violazioni. Non fanno notizia. Non aprono procedimenti. Non arrivano al Garante. Ma ci sono, ogni giorno, ovunque. Nelle scuole, negli studi professionali, negli ambulatori, nei negozi, nei condomini. E ovviamente nelle aziende, dove la fretta, l’abitudine e il “tanto che sarà mai” creano una cultura del disinteresse.

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E nella vostra azienda? Avete mai pensato a quante ne possono avvenire e in che forma? Quando è stata l’ultima volta che avete fatto una vera analisi?
Avete mai chiesto ai vostri dipendenti quali dati trattano davvero, in che modo, con quali strumenti?
Avete mai guardato, senza pregiudizi, cosa succede nei flussi informali della giornata: chi stampa, chi inoltra, chi scatta, chi cancella, chi archivia male?

Queste domande non servono solo a “mettersi in regola”. Servono a capire chi siete. Perché la privacy non è un obbligo burocratico. È un indice di cultura interna, di rispetto reciproco, di visione. Chi costruisce una cultura della privacy vera, quotidiana, silenziosa, costruisce anche un’azienda migliore.
Non serve essere hacker per violare la privacy. A volte basta un’occhiata fuori posto. O la tua. Quella di imprenditore distratto e inconsapevole.

Le analisi e le valutazioni d’impatto non sono processi da copia-incolla. Non si fanno scaricando un modello da internet e cambiando l’intestazione. Richiedono una mappatura reale, concreta, minuziosa. Chi accede ai dati? Quando? Da dove? Per farci cosa? E, soprattutto, chi non dovrebbe accedervi, ma magari lo fa lo stesso per abitudine, per comodità, per superficialità.

I dettagli fanno la differenza

Lettere di incarico, regolamenti interni, istruzioni operative non devono essere scritte per compiacere il consulente o per assolvere una formalità. Devono essere strumenti tecnici, precisi, efficaci. Non paternalistici, ma chiari. Perché i rischi veri iniziano dove la regola resta sulla carta.
Il dipendente che salva sul suo cellulare il numero del cliente e poi lo chiama da casa: lo fa per buona volontà o perché nessuno gli ha mai detto che non si fa?

Il fattorino che, col pretesto di una consegna, invita a cena quella bella signora a cui ha portato il pacco: è solo un gesto maldestro o è un uso improprio dei dati e della posizione? In entrambi i casi, il confine tra leggerezza e violazione è sottile. Ma la responsabilità, alla fine, è tua. Sta nella catena che hai costruito, o che hai lasciato andare. Sta nei silenzi, nei “fai come credi”, nei “tanto che vuoi che succeda”.
E quando qualcosa succede, non puoi dire di non saperlo.




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