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giovedì 14 dicembre 2023
Atti del convegno "Il nuovo uomo della rivoluzione digitale tra diritto in itinere e scienze umane" di Prof. Claudio Spinelli, Università di Pisa
Atti del convegno "Il nuovo uomo della rivoluzione digitale tra diritto in itinere e scienze umane": il contributo di Claudio Spinelli, Professore ordinario Università di Pisa
L’uomo mi piace metaforicamente definirlo un “Viandante tra cielo e terra”, tra pensiero immanente e trascendente, tra mondo reale e mondo virtuale. L’uomo non può fare a meno di vivere psicologicamente, nella sua interiorità, in due mondi paralleli, quello della vita reale e quello della vita immaginaria. La ricerca di un mondo ipotetico virtuale scaturirebbe, come dice Hegel (nel suo famoso frammento: system fragment -14 settembre 1800), in modo inconsapevole. Freud sosteneva: l’uomo può trovare piacere, soddisfazione, felicità al di qua, nel mondo reale o al di la, nel mondo irreale… nel mondo fantastico; un gioco che regola la vita psichica umana.
L’attività fisiologica del pensiero di tutti gli uomini oscilla, quindi, tra il reale e l’irreale, due mondi integrati e inscindibili. Alcune persone vivono ancora di più su questo crinale, distorcendo più degli altri lo sguardo dall’immanenza alla trascendenza: come l’homo religiosus, l’iniziato, l’artista, il filosofo, il ricercatore, il poeta, il letterato. In questi individui la loro realtà risulta più ampliata nello spazio e nel tempo, proiettandosi verso mondi lontani…verso i non-luoghi ignoti del loro mondo fantastico e creativo. Essi riempiono, in tal modo, e soddisfano completamente la loro esistenza.
L’attività della mente che permette di immaginare mondi irreali è l’“intuizione”. Il processo logico-razionale, che normalmente é alla base dell’apprendimento, non é, comunque, di nessun aiuto al pensiero intuitivo. Il pensiero intuitivo ricorda il modo di pensare dei bambini, incapaci di distinguere la verità dalla finzione. Il pensiero intuitivo ci permette di entrare in un mondo dove tutto é reale e niente é reale. Benedetto Croce, nel suo testo “Estetica come scienza dell’espressione e linguistica generale”, sosteneva che noi tutti riusciamo a intuire o immaginare mondi, paesi, figure, scene, un po’ come i pittori ma, a differenza di questi, noi uomini comuni non riusciremo a trasporre le nostre intuizioni sulla tela.
Ecco, con il Metaverso tutti potranno trasporre e vedere le proprie intuizioni su una tela fatta di schermi touch o attraverso visori di realtà virtuale immersiva. Il Metaverso, in fondo, è una costruzione fantastica della realtà…è lo scheletro reale di un mondo irreale, un esoscheletro, un’esuvia. Il Metaverso si basa sull’adattamento immediato del nostro cervello che percepisce la realtà virtuale come reale. Le nuove tecnologie posseggono una potenzialità illusoria. Infatti, gli adolescenti che vivono nella realtà dei videogiochi cancellano ogni rapporto con il mondo reale. Il Metaverso sarebbe un passo in più, ancora più avanti, più potente dei videogiochi nel determinare il distacco totale dalla realtà. L’”uomo del Metaverso” sarà come l’”uomo prigioniero” nella caverna di Platone (Platone, Opere - Repubblica, Laterza, Bari, 1967), che non si rendeva conto di essere difronte ad un mondo irreale, fatto di ombre. Infatti, nella leggenda di Platone, quando uno dei prigionieri si libera dalla caverna ed esce all’esterno, abbagliato dalla luce solare, si rende conto che fino allora aveva considerato realtà ciò che non lo era. Egli, sceso di nuovo nella caverna, per raccontare agli altri la realtà, viene dileggiato e non creduto; l’avrebbero ucciso se lo avessero potuto avere tra le mani. Solo allora, si rese conto che non valeva la pena ritornare all’esterno e vedere la realtà delle cose, ma era preferibile rimanere legato alle catene e vivere in quel mondo illusorio abitato solo da ombre.
In fondo, nonostante i tremila anni di filosofia, nessuno ha saputo rispondere in maniera precisa alla domanda: cosa è la realtà?
Possiamo considerare reale solo ciò che è effettivamente conosciuto, solo e soltanto l’immanente, cioè tutto ciò che è provato in modo sensibile con i nostri cinque sensi; altrimenti, la realtà è solo un totale non senso, un vuoto. La pienezza della realtà si ha solo quando riusciamo a interpretarla, definirla. Noi vediamo solamente ciò che conosciamo e non vediamo ciò che non si conosce. La parzialità del nostro sguardo sul mondo è dovuta ai nostri limiti percettivi e neurologici, ma anche cognitivi e culturali. Siamo, cioè, parzialmente ciechi ma tendiamo a negare questa cecità.
Ragionando sul tema del Metaverso, potremmo chiederci del perché l’uomo, oggi, tende a spingersi sempre più, volontariamente e con grande entusiasmo, verso il virtuale? Quale sono le ragioni per cui l’uomo tende ad abbandonare il mondo reale per un mondo virtuale, fatto solamente di una falsa e sbiadita imitazione della realtà? Forse, la risposta è che il mondo virtuale rappresenta un’alternativa migliore, offre più possibilità positive, più felicità del mondo reale. Il mondo reale sta diventando sempre più invivibile. Tutto il pianeta è usurpato da emergenze continue: guerre, pandemie, disastri ambientali…tutto il pianeta è dominato dalla paura. Mentre noi stiamo affrontando il tema della realtà virtuale, della realtà ampliata, del Metaverso, abbiamo il ritorno in Europa, di una guerra cruenta e concreta che sembra portarci indietro al secolo scorso. L’uomo, in fondo, non è mai cambiato, rimane come diceva Thomas Hobbes un “homo homini lupus”, un lupo contro gli altri uomini. Ci rendiamo conto, ancora una volta, che “tutto ciò che è umano è bipolare”, secondo nozioni apparentemente antinomiche: l’“Homo” può essere sia “sapiens” sia “demens”. L’essere umano è, quindi, instabile e versatile, vive di contraddizioni, capace del meglio e del peggio. Tutto lascia pensare che più il mondo reale sarà inospitale e più scivoleremo nel mondo virtuale: nel Metaverso, un mondo più attraente, più leggero, più veloce, privo di rischi e di limitati sforzi di pensiero. Un “non-luogo” dove sarà possibile trovare ciò che si desidera. Il Metaverso, riproducendo esattamente il mondo reale, sarà concepito come un piano parallelo all’esistenza umana: per il lavoro, per l’educazione, per il tempo libero e per ogni altro ambito della nostra vita. Il Metaverso seguirà anche gli schemi dell’economia del mondo reale, con la possibilità di acquistare un bene virtuale come un edificio o un terreno e con la possibilità di convalidare l’effettiva proprietà. I beni potranno, inoltre, essere venduti mediante una monetizzazione tra compratori. Il suo successo dipenderà dallo sviluppo di una economia fiorente, dal numero delle sue attività redditizie, dalla fiducia nelle sue regole, dalla concorrenza disciplinata e dalla sua equità. Il metaverso, in tal modo, diventerà la più grande economia del mondo. Vale la pena ricordare l’ammonimento di Timothy Sweeney – infomatico statunitense, programmatore dei videogiochi e fondatore della Epic Games:
“Se una Società centrale riuscirà ad avere il controllo del Metaverso, diventerà più potente di qualsiasi governo e sarà una sorta di Dio in terra!“
Nell’ambito educativo e sanitario esso potrà avere un importante ruolo rivolto al bene comune. I programmi di istruzione saranno di qualità paragonabili a quelli in presenza. Durante il Covid abbiamo assistito a lezioni da remoto: un apprendimento solitario e inadeguato, senza contatto visivo con l’insegnante. Con il Metaverso gli studenti potranno entrare in aule virtuali, sedersi accanto ai loro coetanei e stabilire un contatto con i loro insegnanti, apprendere insieme agli amici: potranno partecipare, inoltre, studenti con disabilità fisiche e vi si potrà accedere da ogni parte del mondo. Le tecnologie 3D per il rendering in tempo reale consentiranno agli educatori di trasferire ovunque l’ambiente della classe. Sarà possibile partecipare alla costruzione direttamente dell’antica Roma in un semestre, progettare e costruire acquedotti all’interno di un mondo virtuale, immergersi in un vulcano, muovere il magma ed essere espulsi dai crateri verso il cielo: e tutto può essere replicato all’infinito. Sarà possibile rimpicciolirsi fino a diventare come una cellula del sangue e viaggiare attraverso il sistema circolatorio, per poi riacquistare le dimensioni normali. Oppure fare viaggi virtuali in luoghi lontani – con visita guidata- con costi molti inferiori rispetto a quelli richiesti.
Per quanto riguarda l’educazione in ambito medico-sanitario, se consideriamo il Metaverso come ecosistema in cui convivono intelligenza artificiale, realtà virtuale, e realtà aumentata, il processo di cambiamento è già in atto da molto tempo. In generale la nuova frontiera, basata sull’esperienza immersiva, è un veicolo perfetto per la formazione medica. Lezioni di chirurgia mediante l’utilizzo di un visore per realtà virtuale vengono eseguite nelle Università italiane già dal 2017. Visori VR immersivi (Oculus) possono essere utilizzati per l’addestramento chirurgico. Così come l’utilizzo di software, in grado di simulare casi clinici con pazienti virtuali affetti da diverse patologie, in modo che gli studenti possono esercitarsi in ambito diagnostico e terapeutico. Così come lo studio dell’anatomia (tramite il supporto di accurati modelli 3D) del corpo umano. La visione a 360 gradi con la tecnologia VR può portare gli studenti all’interno del corpo umano. In ambito chirurgico, l’ecosistema del Metaverso si integra anche con le tecnologie della robotica, per rendere gli interventi sempre meno invasivi e sicuri. Il 6 dicembre 2022 all’Università di Bologna si svolgerà il primo master ( Metaverse in Pediatric Surgery) sul Metaverso organizzato dalla Società Italiana di Chirurgia Pediatrica.
Quando entrerà nel mondo universitario il Metaverso, nella sua massima espressione funzionale (perché il Metaverso verrà realizzato solamente nei prossimi due o tre anni– come è stato previsto dal fondatore di Microsofft Bill Gates- o nei prossimi decenni, secondo altri autori, forse nel 2032. L’amministratore delegato di Microsoft Satya Nadella ha dichiarato, comunque, che il Metaverso: “è già qui”) ogni studente in medicina avrà la possibilità di studiare su modelli accurati 3D (“digital twin” sono modelli digitali di organi, come un cuore etc.). Ogni studente potrà eseguire, da casa, dissezioni di corpi umani virtuali, indipendentemente dalle condizioni economiche della famiglia (perché oggi fare dissezioni su cadaveri reali è molto costoso) oppure, optare per un viaggio all’interno del corpo umano. Si potranno progettare sale operatorie condivise (con l’avvento degli occhiali intelligenti di Microsoft, Hololens Ar) con gli ologrammi, con la possibilità di vedere tutte le apparecchiature senza richiedere la presenza di oggetti fisici. Con il Metaverso ci potranno essere Avatar di studenti di medicina, che imparano a conoscere l’anatomia umana o simulare interventi chirurgici, riuniti attorno ad un modello olografico; potranno essere eseguiti interventi, ad esempio, indossando cuffie da Augmedis, azienda israeliana, dotate di un display oculare trasparente che proietta immagini dell’anatomia interna di un paziente: come ossa, visceri, cervello e altri tessuti, sulla base delle scansioni TAC. Il settore sanitario sarà per la nuova tecnologia digitale un vero banco di prova apportando, ci auspichiamo, un notevole miglioramento all’assistenza.
Non mancano, comunque, implicazioni etiche sul Metaverso anche in ambito sanitario: c’è il timore che potrà favorire un aumento della disuguaglianza sociale in ambito di cura, a causa del costo elevato delle tecnologie e dei dispositivi: potranno esserci alcuni centri Ospedalieri ad alta tecnologia e altri a bassa tecnologia. La vera sfida sarà quella di mantenere per tutti il diritto alle cure.
Le implicazioni etiche sul Metaverso assumono ancora più rilevanza se usciamo dalle sue applicazioni in campo educativo e sanitario. Lo scrittore torinese Alessandro Baricco (nel saggio del 2018 dal titolo “Game”; Game è il nome che Baricco propone alla nostra civiltà che trova il suo senso nei videogiochi) e lo scrittore americano di Boston Dave Eggers (nel romanzo del 2022 “The Every”) sostengono che la rivoluzione digitale abbia trasformato la nostra specie umana. L’uomo è mutato in termini darwiniani. Stiamo assistendo ad un’evoluzione rapidissima da una specie all’altra. Siamo entrati in una civiltà nuova: la “Civiltà Digitale”. L’uomo digitale ha perso la sua libertà personale (compresa la restrizione della libertà di espressione), sembra venir meno il suo interesse per il libero arbitrio. Egli ha accettato di cedere la responsabilità di gran parte dei suoi processi decisionali ad altri…persone spesso non individuabili fisicamente…non esistono più padroni; ha accettato una sorveglianza totale ventiquattro ore su ventiquattro, sette su sette giorni. Questa “nuova specie umana mutata” dovrà affrontare i grandi problemi del futuro, di un mondo sempre più intriso di insidie. Il quadro è preoccupante, speriamo che sia in grado di farlo con saggezza!
Questo è un grande rischio per l’intera umanità. Assistiamo oggi ad una crisi, non solo di “civiltà”, dominata dal potere onnipresente del profitto, ma a una crisi ancora più nascosta e più radicale: una “crisi del pensiero, come scrive Edgar Morin, nel suo ultimo libro “Svegliamoci!” (Ed. Mimesis, 2022): non ci rendiamo conto del nostro presente, siamo miopi nella comprensione del presente, siamo in preda ad una sorta di sonnambulismo generalizzato. L’uomo digitale ci riporta alla mente l’”uomo massa”, descritto dal filosofo spagnolo Josè Ortega y Gasset (1883-1955). Un uomo omologato (massificato) al tutto. L’uomo-massa è l’”uomo medio”, ma non si sente tale, non si giudica - né nel bene né nel male - non si prende delle responsabilità, non contrasta la realtà ostile, le devianze del vivere. Egli si sente tutto sommato a suo agio, e non se ne angustia nella sua condizione di conformismo in cui è sprofondato, nel suo sentirsi identico a tutti gli altri.
La vita per un uomo-massa è priva della volontà di progredire e di partecipare ad un processo di evoluzione della società. Anche il filosofo francese Michel Foucault (1926-1984) nel suo libro “Le parole e le cose: un’archeologia delle scienza umane” (Ed. Rizzoli 2016) descrive che l’uomo che verrà, l’uomo nuovo, l’uomo digitale, sarà un “Uomo senza Dio, senza anima, senza libero arbitrio, senza moralità e senza umanità…una specie di macchina del desiderio post-cristiana, che non teme né Dio, né il Diavolo, che non crede né al paradiso, né all’inferno, né al bene né al male”.
Cosa dobbiamo fare per affrontare le ombre della civiltà digitale? Credo che l’unica risposta sia quella di far si che l’uomo non perda la sua “umanità” e rimanga legato ai suoi principi etici. Inoltre, dobbiamo agire in modo particolare sui giovani e sull’istruzione scolastica-universitaria. La prima soluzione, quindi, è quella di mantenere e di coltivare il più possibile la nostra “Umanità; dobbiamo fare in modo di avere cura di rimanere in un ambito “umano” e non “non-umano”- come scriveva il filosofo tedesco Martin Heidegger (1889-1976) nella “Lettera sull’umanismo” (Ed. Adhelphi, 2011). Dobbiamo cercare di rimanere fuori dalla nostra essenza originaria che è quella non-umana. L’“Umanità” è l’“Essenza” della specie umana. L’Umanità è l’insieme dei caratteri distintivi dell’essere umano, che permettano di differenziarci dagli altri esseri animati o inanimati, come: la benignità, la bontà, la generosità, la magnanimità, la solidarietà, la fratellanza, l’altruismo, la carità, la tolleranza, l’indulgenza, la comprensione, l’amorevolezza, la sapienza; e, il contrario di umanità è la disumanità, l’inumanità, la malignità, la crudeltà, l’animalità, la bestialità, la spietatezza, l’egoismo, la cattiveria, l’ignoranza.
Il biologo statunitense Edward Wilson (1929-2021), fondatore della ricerca sociobiologia, recentemente ha ipotizzato in un suo libro che “gli extraterrestri direbbero che la nostra specie possiede un’unica essenziale dotazione, meritevole della loro attenzione... e non sarebbe certamente la nostra scienza, né la nostra tecnologia digitale, come qualcuno potrebbe pensare, ma l’essenza stessa dell’uomo, cioè la sua natura biologica umana – “l’Umano”- , un patrimonio sacro, che rappresenta il vero potenziale, unico e inequivocabile, del nostro futuro”.
La seconda soluzione è di rimanere attaccati ai nostri principi etici che abitano nell’abisso della nostra coscienza, dobbiamo riscoprire la vera essenza dell’uomo l’”etica”. L’etica è la radice del “comportamento pratico” dell’uomo, di fronte al bene e al male. L’etica viene prima della morale ed è la parte più profonda, più ontologicamente antica …è la scintilla divina che abbiamo dentro noi. Infatti, il filosofo presocratico Eraclito (Efeso, Turchia, 535 a. C - Efeso 475 a.C.) diceva che l’etica è la parte dell’uomo più vicina al pensiero di Dio. Dobbiamo ascoltare il divino che è dentro di noi. Il divino è equivalenti al termine di “bellezza” (perché anche il termine bellezza, in sanscrito vuol dire “il luogo dove brillano gli dei“ e noi dobbiamo cercare di essere bellezza!
La terza soluzione è svolgere una politica di istruzione tale da restituire agli studenti una visione integrata umanistica-scientifica. Dobbiamo essere diffidenti del pensiero dicotomico, della separazione tra cultura umanistica e scientifica; perché la tecnologia è intrinsecamente amorale e va contrastata con i valori umanistici. Questa integrazione aiuterà i giovani ad acquisire una “mente interrogativa”, capace di autocritica e di critica. I sistemi di insegnamento continuano a disgiungere le conoscenze, che invece dovrebbero essere interconnesse. La mancanza di una visione globale della conoscenza è un ostacolo alla crescita umana. La super-specializzazione o la frammentazione delle conoscenze ha portato un miglioramento in settori specifici, ma ha creato un’incapacità di cogliere i problemi multidimensionali e globali. L’Europa ha creato, nel XII-XIII secolo, le Università con lo scopo di diffondere una cultura “globale”, una conoscenza ”universale”, proprio nello spirito umanistico. In questo momento storico le Università e i sistemi scolastici rischiano l’auto-vanificazione sotto il peso della frammentazione della cultura e degli specialismi chiusi e incapaci di dialogare.
Occorre, pertanto, un’integrazione tra le conoscenze scientifiche e umanistiche.
Sarà indispensabile, in un prossimo futuro, trovare una sinergia tra il mondo digitale, l’intelligenza artificiale, la realtà virtuale e il Metaverso. In questo momento, sembra svanire l’amore per il ragionamento; per il rispetto delle posizioni alternative… per la “cultura” in genere. Stiamo assistendo a una delegittimazione della cultura. Cultura, non è solo conoscenza, ma capacità di scelta, volontà di costruzione, ricerca di senso, indipendenza di giudizio, senso critico. Le cause possiamo ritrovarle nella mortificazione del talento individuale, nella spersonalizzazione delle menti, nell’asservimento sempre più dispotico delle masse, nella manipolazione del mercato, nell’anti-intellettualismo, nel materialismo selvaggio e nell’eclissi della spiritualità. Ciascuna persona è un mix di talenti e la scuola dovrebbe essere capace di valorizzare il capitale umano, il talento di ciascuno, per dare pari opportunità ai giovani.
Purtroppo, l’abbandono scolastico in Italia sta aumentando: il 13% dei giovani abbandona la scuola e il 23% non studiano e non cercano lavoro. In Toscana la percentuale dei giovani che non lavorano e non cercano occupazione o corsi di formazione è del 18% - citazione del Governatore Eugenio Giani al “Festival Next Generation”, primo festival fiorentino (5 Novembre 2022) dedicato alla “generazione Z” (giovani nati dal 1997 al 2012). Se non facciamo niente continuiamo a perdere energie e potenziale straordinario per il progresso dell’Umanità. Le cause devono essere ricercate anche nel fenomeno, del tutto giovanile, del volontario isolamento sociale, dovuto in gran parte alla tecnologia digitale. Giovani che rimangono in casa, spesso connessi in modo ossessivo con i videogiochi, con realtà virtuali. Essi non studiano e non lavorano; rifiutano il confronto con l’esterno, con il mondo. Un isolamento motivato dall’ansia del giudizio, dalla difficoltà di reggere lo sguardo degli altri, di sentirsi accettati dagli altri. Più un individuo perde tempo nelle tappe della vita: scolastiche, lavorative, sentimentali e più aumenta l’ansia nel relazionarsi con gli altri. Questo fenomeno, correlato all’isolamento sociale volontario, viene definito “Hikikomori. Il mondo virtuale può creare in un giovane una nuova identità, migliore di quella reale: un “sè virtuale”, idealizzato e liberato dalle frustrazioni quotidiane della vita. Un “falso sè” che si scontra con con il “sé autentico”: una contrapposizione di identità che può favorisce la comparsa in questi giovani di gravi disturbi della personalità.
Non sappiamo quando il Metaverso non sarà più un parto della fantasia ma una realtà concreta. Il futuro è difficile da prevedere, oggi siamo solo all’inizio. Steve Jobs, in una intervista del 2008, rilasciata al Wall Street Jornal, riferendosi al mondo digitale in genere, disse: “Non mi fiderei di nessuna delle nostre previsioni, perché finora la realtà le ha superate al punto tale che siamo ormai anche noi, come voi, semplici spettatori”. Le generazioni più giovani saranno le prime a utilizzare il Metaverso, prima dei loro genitori. Le autorità di regolamentazione le sottoporranno ad un maggior controllo ma probabilmente non saranno in grado di prendere tutte le misure occorrenti. Affinché la rivoluzione digitale non trasformi la nostra specie in un uomo macchina, senza moralità, c’è bisogno di coltivare e mantenere il più possibile la nostra umanità, c’è necessità di un “umanesimo contemporaneo” perfettamente integrato con il mondo digitale. Perché il fine ultimo di tutti noi dovrebbe essere sempre il progresso dell’Umanità!
giovedì 19 dicembre 2024
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