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giovedì 18 luglio 2024
Di Avv. Gianni Dell'Aiuto
La nozione di consumatore è cambiata a più livelli, un cambiamento che i legislatori hanno riconosciuto elevando i consumatori a una categoria meritevole di tutela. Questo per proteggerli sia dagli operatori commerciali sia dai rischi insiti nelle loro stesse scelte. Nell’Unione Europea, in particolare, la categoria del consumatore è stata ridefinita per rispondere alle sfide poste dalla digitalizzazione.
Questa evoluzione richiede un continuo adattamento delle politiche e delle normative per assicurare che i consumatori siano non solo protetti, ma anche informati e in grado di fare scelte consapevoli in un ambiente digitale sempre più complesso. La chiave per proteggere il consumatore digitale non risiede solo nella quantità di informazioni disponibili, ma anche nella qualità e nella chiarezza di queste informazioni.
Prendiamo prima di tutto prendiamo atto che oggi dobbiamo parlare di consumatori digitali come categoria a diversa rispetto a quella del consumatore tradizionale che si muoveva solo all’interno di spazi fisici magari localizzati nella sua zona di residenza.
Ed è proprio di questa nuova categoria che si occupano del resto principalmente i provvedimenti in materia di commercio e protezione dati, muovendo da considerazioni che sfuggono a molti ad iniziare dalla maggiore fragilità ed esposizione.
Da un lato, si potrebbe infatti ritenere che il consumatore digitale, già per il semplice fatto di utilizzare le tecnologie digitali, abbia un certo livello di competenza tecnica e, dunque, sia meno esposto a rischi. Questa competenza tecnica potrebbe includere la capacità di navigare su Internet, utilizzare applicazioni e comprendere le basi del funzionamento delle tecnologie che utilizza quotidianamente.
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Tuttavia, il semplice possesso di queste competenze tecniche non implica automaticamente una maggiore consapevolezza o capacità di protezione contro i rischi che si corrono in rete, soprattutto quelli più sottili e sofisticati come le truffe online, la manipolazione dei dati personali e le pratiche commerciali ingannevoli.
Dall’altro lato, si potrebbe ritenere che il consumatore medio digitale abbia un più basso livello di conoscenza rispetto a quello “analogico” e sia, di conseguenza, più esposto a questi rischi. Questo potrebbe essere dovuto al fatto che, nonostante le competenze tecniche, molti consumatori non possiedono una conoscenza approfondita dei loro diritti digitali, delle normative sulla privacy o delle migliori pratiche per la sicurezza online. Inoltre, l'ambiente digitale presenta una complessità intrinseca che può rendere difficile per i consumatori distinguere tra informazioni affidabili e fuorvianti.
Non dimentichiamo in tal senso che la bugia detta quotidianamente almeno tre volte dai navigatori è la risposta “sì” alla domanda se hanno letto e compreso condizioni di acquisto di un prodotto e quelle di navigazione del sito o della piattaforma su cui fanno acquisti.
Una delle principali problematiche che, probabilmente, riscontrano gli utenti nelle loro attività quotidiane in rete è l’eccesso di informazioni che non sono in grado di comprendere.
Il fenomeno dell'overload informativo può portare a una sorta di paralisi decisionale, in cui i consumatori si sentono sopraffatti dalla quantità di dati e dettagli che devono analizzare per prendere una decisione informata. Questo eccesso di informazioni può paradossalmente ridurre la trasparenza, poiché i consumatori possono trovare difficile distinguere ciò che è rilevante da ciò che non lo è.
Per affrontare queste sfide, lo sforzo dovrebbe essere quello di una semplificazione delle informazioni.
Le informazioni fornite ai consumatori devono essere non solo abbondanti, ma soprattutto chiare, concise e pertinenti.
Le normative dovrebbero incentivare pratiche di comunicazione trasparenti che riducano al minimo il gergo tecnico e le descrizioni eccessivamente complesse. Questo può aiutare i consumatori a capire meglio i prodotti e i servizi che utilizzano, nonché i loro diritti e le precauzioni che dovrebbero adottare.
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E i soggetti tenuti a farlo sono le aziende, le controparti proprio di questi consumatori che devono mettere a loro disposizione le informative non solo così come richieste dal GDPR, ma che siano alla loro portata e contribuiscano a fidelizzarli e creare la Digital trust aziendale, quel valore aggiunto che, ancora, in molti non hanno compreso ma che serve non solo a fidelizzare i clienti ma anche a guadagnare un’immagine e una reputazione che la concorrenza potrebbe non avere.
venerdì 15 novembre 2024
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