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Dark Data: la minaccia silenziosa che pesa sul futuro delle aziende


giovedì 16 gennaio 2025
Di Avv. Gianni Dell'Aiuto



L'era digitale ci ha abituati a pensare che i dati siano una risorsa infinita, una nuova forma di ricchezza che, una volta raccolta, possa essere conservata e utilizzata a piacimento. Eppure, come ogni ricchezza mal gestita, anche i dati possono trasformarsi in un peso, un fardello che rischia di soffocare le aziende sotto il peso della loro stessa imprudenza. Parliamo di una minaccia silenziosa, invisibile, ma concreta: il dark data.

I Dark Data

Questa espressione, tanto affascinante quanto inquietante, indica quei dati che vengono raccolti, archiviati e poi dimenticati. Email conservate per anni, copie di backup ormai inutili, documenti che nessuno legge più. In apparenza, non sono altro che una massa inerte di informazioni. Ma il dark data ha un costo reale, sia in termini economici che in termini di rischio. Conservare dati inutili significa sprecare risorse aziendali, dallo spazio di archiviazione ai costi di manutenzione dei server. E non solo: significa anche esporsi a potenziali violazioni della privacy.

Le normative sulla protezione dei dati, come il GDPR, impongono alle aziende di adottare il principio di minimizzazione, ovvero di raccogliere solo i dati necessari e conservarli per il tempo strettamente necessario. Anche normali regole di sicurezza e buon senso lo imporrebbero.

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Ma quante aziende possono davvero affermare di conoscere con precisione quali dati possiedono e dove li conservano? Quanti responsabili IT sanno di preciso quanti backup inutilizzati giacciono nei loro server? La verità è che il dark data rappresenta una voragine nascosta nelle infrastrutture digitali delle imprese, un buco nero che inghiotte risorse e aumenta esponenzialmente i rischi di data breach.

È proprio nei dati dimenticati che spesso si annidano i pericoli maggiori. Documenti che contengono informazioni sensibili, conservati senza più alcun controllo; vecchie email che potrebbero rivelare segreti aziendali o dati personali dei clienti; backup che finiscono in mano sbagliata a causa di un’inadeguata gestione della sicurezza. E quando un data breach si verifica, non è sufficiente rispondere “Non lo sapevamo”. Ignorare il problema non solleva l’azienda dalle sue responsabilità. Anzi.

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Ma come si affronta il dark data? La risposta non è semplice, ma passa inevitabilmente da una revisione completa delle pratiche di data management. Bisogna mappare i dati, sapere dove si trovano, chi li utilizza e soprattutto perché vengono conservati. Ogni informazione deve avere una ragione d’essere, altrimenti va eliminata. Non è solo una questione di conformità normativa, ma di buon senso. Conservare ciò che non serve è un lusso che nessuna azienda può più permettersi.

Viviamo in un mondo in cui la gestione dei dati è diventata una questione strategica. Chi sa gestire i propri dati, conosce il proprio patrimonio informativo e sa utilizzarlo con saggezza, ha un vantaggio competitivo enorme. Al contrario, chi si lascia sopraffare dalla mole di informazioni inutili rischia di affondare sotto il peso delle proprie inadempienze.

Conclusione

Il dark data non è solo un problema tecnico o legale. È una questione culturale. Le aziende devono cambiare approccio, passando da una logica di accumulo indiscriminato a una gestione consapevole e responsabile delle informazioni. Serve un cambio di mentalità, una consapevolezza che ogni dato ha un costo, che la conservazione ha un prezzo e che il rischio è reale.

In un certo senso, il dark data ci costringe a riflettere sul significato stesso della memoria digitale. Cosa vale la pena conservare? Cosa possiamo lasciarci alle spalle? E soprattutto, siamo davvero consapevoli delle tracce che lasciamo nel mondo digitale?

La risposta a queste domande potrebbe fare la differenza tra un’azienda che guarda al futuro con leggerezza e una che rimane imprigionata nel passato. E forse, alla fine, la lezione più importante è proprio questa: i dati, come i ricordi, vanno selezionati con cura. Altrimenti, rischiamo di essere sopraffatti da ciò che non serve, dimenticando ciò che conta davvero.




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