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La privacy policy di DeepSeek - il crollo di ogni speranza


martedì 28 gennaio 2025
Di Avv. Gianni Dell'Aiuto



"Grazie dei tuoi dati. Li userò come voglio, ne farò ciò che voglio, li condividerò con chi voglio e non li riavrai mai indietro. Ah, e nel frattempo, continuerò a migliorarmi grazie a te."

DeepSeek e la privacy policy

È la privacy policy di DeepSeek; avevate letto quelle due paginette in inglese? Direi il modo ideale per celebrare la Giornata per la Protezione dei Dati.
Con tempismo unico proprio ieri i media hanno riportato la notizia di questa nuova soluzione di Intelligenza Artificiale Made in China che sta superando quelle già in circolazione. La mia sintesi, che può sembrare una provocazione, non va lontana dal vero e il disclaimer usato dagli sviluppatori di DeepSeek dice esattamente quello che ho scritto.

Continuando la lettura delle note legali scopriamo poi che ogni questione relativa all’utilizzo della piattaforma è disciplinata dalla legge cinese.

Game; set; match.

Precisiamo: per molti operatori un disclaimer come quello di DeepSeek non è una cosa nuova e non dovrebbe esserlo neppure per gli utenti. È la sintesi di migliaia di privacy policy utilizzate prima dell’entrata in vigore del GDPR e di altrettante migliaia che ancora sono in circolazione.

Sintesi? Ricordate quando la privacy era un diritto e che in molti ancora vorrebbero tutelarla? Bene, dimenticatelo. Oggi non è più una scelta, è un prezzo da pagare. E a chiederci il conto sono proprio i sistemi di intelligenza artificiale che noi stessi applaudiamo, scarichiamo e coccoliamo come fossero i nuovi oracoli del progresso.

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Tanto per cominciare le privacy policy e i disclaimer non li legge nessuno ma, fatemi dire, che almeno si risparmia un solenne mal di fegato oltre al tempo necessario. A chi, infatti, farebbe piacere sapere che quel click vuol dire: "Dammi i tuoi dati, dammi la tua vita, io li frullerò, li incrocerò, ne farò ciò che voglio, e tu non saprai mai dove finiscono. Ti restituirò risposte, ma non ti restituisco niente di tuo. Perché da quando hai accettato, non è più tuo."
E noi, sorridendo, clicchiamo su "Accetto".

Ma chi controlla questi dati ce lo chiediamo? Quale entità decide come vengono usati? Dovremmo crederci davvero, che dietro a questi sistemi ci siano solo buone intenzioni? Nessuno si scandalizza più al pensiero che i nostri dati – abitudini, gusti, paure, perfino i nostri dubbi esistenziali – diventino merce da rivendere.

La grande illusione è che questi sistemi siano qui per aiutarci. "Chiedi, e ti sarà risposto," dicono. E noi ci crediamo. Ma a quale prezzo? Non stiamo solo consegnando i dati, stiamo consegnando la nostra capacità di pensare autonomamente. La nostra memoria sarebbe un database a cui abbiamo rinunciato. La nostra libertà si restringe a un algoritmo.

E attenzione, perché non siamo utenti: siamo risorse. La materia prima. L’AI non lavora per noi, lavora su di noi. I nostri desideri e i nostri bisogni diventano input che alimentano un sistema che sa tutto di noi, mentre noi di quel sistema sappiamo poco o niente. Questa non è una paranoia... è realtà.

La domanda non è più: "Cosa può fare questa AI per me?", ma piuttosto: "Cosa farà questa AI di me?" E la risposta è una sola: quello che vuole. Ve lo ha detto chiaramente nel disclaimer.

Conclusioni

Forse è troppo tardi per opporsi, o forse no. Forse la vera rivoluzione non sarà inventare nuove tecnologie, ma imparare a dire "No, grazie."
Ma finché continueremo a cliccare "Accetto" senza battere ciglio, ricordiamoci una cosa: non stiamo solo perdendo la privacy. Stiamo perdendo noi stessi.

E, per concludere, poteva mancare una nota polemica? Questa app la possono scaricare i vostri figli; la generazione copia-incolla, alla faccia di Z, Y, e 12X che, senza controllo, senza verifiche, mentendo sull’età accede a tutto?. Magari dopo prenderanno un voto più alto a scuola ma a che prezzo, oltre a quello che hanno pagato regalando la loro identità ad un altro Grande Fratello?

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Probabilmente diventando, per usare le parole di Manfred Spitzer, psichiatra, stupid, passive, dependent, and inattentive due to excessive use of technology (stuipidi, passivi, dipendenti e disattenti).
Ci vediamo al prossimo click.




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