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Nativi digitali o generazioni fotocopia? La responsabilità sociale delle imprese


giovedì 5 dicembre 2024
Di Avv. Gianni Dell'Aiuto



Li chiamiamo “nativi digitali,” quei ragazzi nati a partire dagli anni ’90, cresciuti in un mondo in cui smartphone, computer e tablet sono stati compagni di gioco più di una bicicletta o di un pallone, per non dire, spesso, dei genitori.

La Generazione Fotocopia 

Sono quelli che, prima di imparare a parlare, sanno già scorrere il dito sullo schermo per guardare cartoni animati su YouTube. Non è necessario che qualcuno glielo insegni, perché ci arrivano da soli, con quella curiosità innocente e un po’ pericolosa che, talvolta, può portare a mandare per errore la foto sbagliata alla rubrica di mamma o comprare un divano su Amazon (storie vere). Questi giovani non hanno mai visto una cabina telefonica, non sanno cosa sia un cellulare a tastiera e non concepiscono un mondo senza wi-fi; probabilmente pensano che enciclopedia sia il nome di un’app che non hanno mai scaricato.

Per fare una ricerca scolastica non sfogliano tomi polverosi acquistati a rate dai genitori, ma saltano freneticamente da un sito all’altro, spesso fermandosi al primo risultato di Google o, nella migliore delle ipotesi, a Wikipedia. Il loro sapere, più che approfondito, è sintetico, frammentario. Sono la Generazione Copy-Paste, copia-incolla; quella capaci di creare in tempi rapidissimi un’intera tesi con qualche clic e un pizzico di plagio involontario ma con una bellissima grafica.

Ma dobbiamo andare oltre. Questi nativi non sono solo digitali, sono anche la Generazione Fotocopia. Li vedi camminare per strada, tutti vestiti allo stesso modo, con le stesse scarpe griffate, lo stesso taglio di capelli, e gli stessi sguardi incollati allo schermo di uno smartphone. Vivono in branco, ma sono paradossalmente soli, isolati in un mondo virtuale che promette connessioni ma consegna alienazione.

I social media non li aiutano a distinguersi, anzi, li spingono verso una omologazione di gruppo: foto tutte uguali, pose tutte identiche, sogni prefabbricati in serie. È una generazione iperconnessa e al tempo stesso scollegata dalla realtà. Hanno accesso a una quantità infinita di informazioni, ma si accontentano del minimo indispensabile usando strumenti avanzati senza sfruttarne il reale potenziale. Crescono in un mondo che corre veloce, ma loro sembrano camminare in cerchio, trovando conforto in un individualismo che li chiude in sé stessi.

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Non è sempre colpa dei giovani... 

Non possiamo limitarci a giudicarli. La loro dipendenza dalla tecnologia è figlia di un sistema che li ha educati così. Non è colpa loro se genitori iperprotettivi li dotano di smartphone già alle elementari, ufficialmente per “controllarli,” ma di fatto esponendoli a rischi che non sanno affrontare. Non è colpa loro se le piattaforme digitali, come TikTok o Instagram, sfruttano ogni trucco psicologico per tenerli incollati agli schermi, spesso ignorando i limiti di età dichiarati nelle loro policy. Le conseguenze sono reali.

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Studi sempre più numerosi mostrano un aumento delle dipendenze da social media e di problemi di salute mentale, ansia, depressione, disturbi dell'alimentazione, difficoltà di accettazione. Questa generazione sembra vivere con un piede nel futuro e uno nel vuoto, divisa tra la promessa di un progresso tecnologico e il peso di un’incertezza che la pandemia ha solo aggravato. Forse, guardando ai nativi digitali, non dovremmo limitarci a rimpiangere il passato, ma riflettere sul futuro. Se non troviamo un equilibrio tra l’uso della tecnologia e la cura delle relazioni umane, rischiamo di perdere una generazione intera.

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E non sarà colpa loro, ma nostra, ad iniziare da aziende che hanno trovato in loro vera e propria carne da macello per i loro prodotti e una quantità impressionante di dati e informazioni; ad iniziare da quelle comportamentali.Non dimentichiamo, in tal senso, che dalla più tenera età, grazie anche all'esibizionismo di alcuni genitori, molti di questi ragazzi hanno già un'identità online. Forse un primo passo delle aziende verso la loro protezione potrebbe essere un segnale importante.




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