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I servizi e i prodotti della tua azienda possono interessare a minori?


giovedì 22 maggio 2025
Di Avv. Gianni Dell’Aiuto



Domanda all’apparenza sciocca e fuori luogo; che potrebbe portare a differenti risposte per ogni tipologia di prodotto. Ma fermiamoci a riflettere un attimo.

La responsabilità digitale non è un’opzione: è parte del tuo business

Se vendi sneakers o zaini scolastici, è probabile. Se gestisci siti web, quasi certo. Ma se ti occupi di pompe industriali o detersivi professionali, sei pronto a giurare che no, i tuoi servizi non toccano nemmeno di striscio i minori. Sei sicuro? Non lo sei. Perché nel mondo digitale non conta cosa vendi, ma dove lo racconti e a chi può arrivare il tuo messaggio. Un tredicenne può navigare il tuo sito mentre cerca materiali per un progetto scolastico o solo per curiosità.

Un sedicenne può compilare il form per una demo gratuita solo perché ha visto un video su TikTok. E mentre tu pensi di stare parlando a professionisti, potresti avere davanti un ragazzo che non distingue una pubblicità da una guida tecnica. Nessun algoritmo te lo dice. Nessun disclaimer ti protegge.
Qualche adolescente problematico potrebbe anche cercare un macchinario o i componenti chimici per far scomparire i corpi di tutta la sua famiglia dopo averla sterminata.

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Esempi paradossali? Leggiamo le cronache e pensiamoci bene. La rete è aperta, e tu sei responsabile di ciò che metti online, anche per chi non era il tuo target. È ora di smettere di pensare che basti un’informativa o una voce nei termini e condizioni. La vera tutela nasce da una domanda scomoda: sono pronto ad assumermi la responsabilità di chi legge, guarda, clicca?

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Chi fa impresa oggi deve avere chiaro che la fiducia digitale non si conquista con le policy, ma con comportamenti concreti. I genitori non vogliono bugie ben scritte. I minori non hanno bisogno di filtri automatici: hanno bisogno che tu sappia di esistere anche per loro. E tu, se vendi qualcosa, qualsiasi cosa, devi meritarti la fiducia di entrambi. Ma devi anche proteggere te stesso.

Non mancano le regole. Il GDPR impone già attenzione particolare ai dati dei minori. Il DL 123/2023 ha rafforzato il quadro: tutela dei minori, poteri nuovi all’AGCom, responsabilità condivisa tra operatori, piattaforme e fornitori di contenuti. E se pensi che non si applichi a te, perché non raccogli dati o perché vendi solo a imprese, rifletti meglio.

Chi ha un sito con analytics attivi, un modulo contatti, un chatbot, una newsletter o semplicemente un blog con articoli può raccogliere informazioni. Chi fa campagne pubblicitarie online può raggiungere, e viene raggiunto, da un pubblico imprevisto. Chi vende software gestionale, arredamento, cosmetici, servizi di consulenza, corsi online, servizi cloud, prodotti agricoli o persino attrezzature da palestra, ha già attraversato quella soglia invisibile che separa l’intenzione dalla responsabilità.

Il problema non è se volevi rivolgerti ai minori. Il problema è che potresti farlo comunque, anche senza volerlo. E nel momento in cui li coinvolgi, anche solo per errore, la domanda diventa: li stai tutelando?

E qui entra in gioco una parola che piace poco ai giuristi ma che fa la differenza tra una crisi gestita e una reputazione bruciata: fiducia. La digital trust non si scrive nei documenti, si costruisce nel codice, nei contenuti, nella trasparenza. Non la chiedono solo i regolatori.

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Conclusione

La chiedono i genitori, che vogliono sapere se il sito dove è finito il figlio è sicuro. La chiedono i ragazzi stessi, anche se non lo sanno. E la chiedono i partner, che non vogliono trovarsi nel mezzo di una tempesta perché qualcuno ha sottovalutato una casella “accetto i cookie” o ha chiuso gli occhi su chi può usare una demo.

Se vendi qualcosa online, e oggi tutti vendono qualcosa, anche solo la propria immagine o il proprio tempo, ti serve un nuovo approccio. Più tecnico. Più consapevole. Meno ipocrita. Nessun imprenditore può più dire “non mi riguarda”. Perché ti riguarda. Sempre. non per obbligo, ma per decenza.




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