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giovedì 25 febbraio 2021
Avv. Gianni Dell’Aiuto
"Tuttavia, tale approccio sconta una visione parziale delle potenzialità insite nello sfruttamento dei dati personali, che possono altresì costituire un “asset” disponibile in senso negoziale, suscettibile di sfruttamento economico e, quindi, idoneo ad assurgere alla funzione di “controprestazione” in senso tecnico di un contratto".
La frase sopra riportata si trova in una sentenza del TAR Lazio del Gennaio 2021, nel giudizio con il quale Facebook aveva impugnato un provvedimento del Garante per la concorrenza (AGCOM) per procedure illecite in materia di pratiche commerciali. In particolare il social era accusato di fornire indicazioni false o comunque fuorvianti sul fatto che l’accesso alla piattaforma fosse gratuito mentre un’altra violazione era contestata in ordine al trasferimento dei dati degli utenti. AGCOM, ritenute le due violazioni, condannava il colosso social ad una sanzione di dieci milioni e la decisione veniva impugnata avanti il TAR del Lazio sostenendo, tra l’altro, che la vicenda dovesse riguardare eventualmente il trattamento dati e, pertanto, doveva essere il Garante Privacy ad occuparsene.
Nella sua decisione il TAR ha usato parole estremamente chiare, che hanno costretto Facebook a modificare la sua frase di accesso per l’iscrizione: se prima infatti trovavamo scritto sulla pagina di login che l’iscrizione a Facebook era gratuita e sempre lo sarebbe stata, adesso leggiamo che è semplice e veloce. Tutto ciò ha importanza non solo per gli assetti futuri dei rapporti con gli utenti, ma dovrebbe essere tenuto presente adesso in un momento in cui si pone il problema di accesso dei minori ai social.
In parole semplici l’iscrizione ai social avviene mediante la conclusione di un contratto che viene pagato dall’utente con i suoi dati, un bene che ha valore economico, è oggetto di scambio e può essere trasferito ed usato economicamente. Del resto, se non fossero beni di valore, come altrimenti spiegare i furti di dati e tutte le attività perlopiù illegali per procurarseli?
Ciò premesso viene da chiedersi se possano considerarsi validi i contratti conclusi da minori che dispongono di un bene patrimoniale spesso fatto di dati sensibili quali la razza, dati sanitari se non addirittura preferenze sessuali: una miniera di informazioni che possono comprendere anche quelle del nucleo familiare. Il problema si sta ponendo in questi giorni peraltro, con un focus maggiore sul controllo dell’età che non sulla natura contrattuale del rapporto ma, a breve, sarà necessario riflettere approfonditamente anche su un aspetto fondamentale di quella che è parte della vita moderna, vale a dire la fruizione dei social, strumento dal quale è impossibile escludere i più giovani.
Tuttavia, pur dando atto che l’età minima per l’accesso ai social è indicata dal Garante Privacy in quella minima di 14 anni, il codice civile ancora prevede che la capacità di agire, cioè quella di compiere atti di disposizione del proprio patrimonio, si raggiunge al compimento del diciottesimo anno. È pur vero che sono ammesse le debite eccezioni che comprendono anche l’accesso al mondo del lavoro, ma quando queste norme vennero concepite Internet non era ancora ipotizzabile ed anche quando si è previsto il limite dei quattordici anni per l’accesso ai social forse non si era consapevoli dell’importanza e del valore del dato personale come elemento, oltre che identificativo di una persona, economico e di mercato.
In tutto ciò si pone un altro importante aspetto recentemente emerso a seguito del provvedimento del Garante Privacy che ha imposto a TikTok di modificare la propria policy, così da prevedere controlli volti a evitare l’iscrizione alla piattaforma di ragazzi sotto i tredici anni. La soluzione proposta, vale a dire l’autodichiarazione sull’età, si pone su di un principio giuridico basilare, cioè che l’età può essere provata solo tramite un documento di identità e non può essere frutto di una autocertificazione, oltretutto rilasciata mediante un click; l’altro problema è che, in questa maniera, o anche come ipotizzato mediante l’uso di algoritmi che espellano dal social chi ne facesse un uso da persona sotto i tredici anni, il gestore del sito si sostituirebbe ad un’autorità pubblica per stabilire l’età di una persona.
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