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giovedì 10 aprile 2025
Di Avv. Gianni Dell' Aiuto
Non c’era certo bisogno di Striscia la Notizia per sapere che su internet i follower si comprano a pacchetti. Ma adesso anche i più lo sanno: con pochi euro puoi diventare un piccolo influencer. Ti bastano una carta prepagata, un sito specializzato e la voglia di vedere crescere, almeno virtualmente, la tua popolarità.
Il mercato dei follower fasulli è aperto 24 ore su 24 e non conosce confini geografici. Basta digitare “buy Instagram followers” su un motore di ricerca e si apre un mondo di offerte: “1000 follower a 3,99 €”, “100 like garantiti per post”, “visualizzazioni video al minuto”.
Dietro queste offerte si nasconde un sistema ben oliato, basato su due principali meccanismi. Da un lato le cosiddette click farm, vere e proprie fabbriche digitali che sono quasi sempre situate in paesi come Bangladesh, India, Filippine o Cina, dove decine di telefoni e tablet sono controllati da operatori che passano le giornate a cliccare, seguire e mettere like. Dall’altro, sofisticati software di automazione e bot in grado di generare profili falsi in serie e interagire con contenuti in modo apparentemente umano. Profili con nomi credibili, foto rubate online, biografie brevi ma curate, a volte persino con storie pubblicate per simulare attività reale.
Ma chi crea questi profili? Non solo le famigerate click farm. Alcune aziende digitali li realizzano in modo industriale, sfruttando falle nei sistemi di registrazione dei social network o utilizzando identità rubate. Sì, perché molti dei profili che troviamo online – e che sembrano persone reali – sono il risultato di veri e propri furti di identità. Immagini prese da account veri, nomi leggermente modificati, indirizzi e-mail costruiti ad arte. In certi casi, il titolare del profilo originale non scoprirà mai di essere “clonato”. In altri, se ne accorgerà quando sarà troppo tardi.
E qui entra in gioco il diritto penale. La creazione e l’utilizzo di profili falsi, soprattutto se realizzati per trarre in inganno terzi o arrecare un danno, può costituire reato. Pensiamo al reato di truffa (articolo 640 del Codice Penale), che punisce chi, con artifizi o raggiri, procura a sé o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno. In questi casi, il profitto può essere economico – se, ad esempio, un influencer ottiene un contratto sulla base di numeri gonfiati – o reputazionale, se l’obiettivo è ingannare il pubblico o alterare dinamiche sociali.
Senza contare le ipotesi di sostituzione di persona (art. 494 c.p.) quando si utilizzano i dati o le immagini di altri per creare profili ingannevoli, o il furto di identità digitale, fenomeno sempre più diffuso e sottovalutato.
A tutto ciò si aggiunge il rischio connesso all’acquisto di pacchetti di follower o like: oltre a finanziare un sistema opaco, l’utente potrebbe inconsapevolmente cedere i propri dati personali o quelli dei propri contatti a soggetti terzi. Alcuni servizi richiedono l’accesso diretto all’account, con tutte le conseguenze del caso: sottrazione di contenuti, violazione della privacy, uso improprio dell’identità digitale.
Il risultato? Un ecosistema social inquinato da numeri fittizi, un’economia dell’influenza falsata e un rischio crescente per aziende, utenti e consumatori. Anche chi lavora nel marketing o nella comunicazione può ritrovarsi a investire risorse su profili che in realtà non influenzano proprio nessuno. Per non parlare degli enti pubblici o dei personaggi istituzionali che si affidano a metriche superficiali per misurare l’impatto o la reputazione online.
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Insomma, dietro la tentazione di “sembrare” famosi c’è un mondo pericoloso, che si muove sul filo della legalità e spesso lo oltrepassa. Serve consapevolezza, ma anche rigore. Le piattaforme social dichiarano da anni guerra ai falsi profili, ma i risultati sono modesti. È il pubblico che deve imparare a distinguere e a chiedere autenticità. Perché dietro ogni numero c’è (o dovrebbe esserci) una persona vera. E se non c’è, allora è solo una bugia ben confezionata
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E se ti scoprono? Succede, sempre più spesso. E quando succede, non c'è algoritmo che possa cancellare la figuraccia. Perché il mondo della rete, a dispetto della sua superficialità apparente, non perdona. Ricorda, non dimentica, e soprattutto non tace. Un attimo sei influencer, l’attimo dopo sei l’ennesimo profilo smascherato, preso a schiaffi da uno screenshot diventato virale. Buona fortuna.
lunedì 7 aprile 2025
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