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mercoledì 27 novembre 2019
Dott.ssa Silvia Matteucci
Ma quali sono le implicazioni, quando i genitori pubblicano foto dei figli minori, sfruttandone la relativa immagine?
Il diritto all’immagine è un diritto della personalità tutelato dal codice civile, dalla L. 633/1941 sul diritto d’autore e dalla legge sulla privacy (D.Lgs. 196/2003), dal cui combinato disposto si desume che l’immagine di un soggetto può essere esposta o pubblicata soltanto con il consenso di quest’ultimo, a meno che la pubblicazione sia esplicitamente consentita dalla legge. Si tratta di un diritto personalissimo e inalienabile. Pertanto, attraverso il consenso ciò che viene ceduta a terzi è la possibilità di utilizzo dell’immagine e non il diritto stesso.
Con specifico riferimento alla disciplina in ambito privacy a tutela del minore, in questa sede occorrerà citare il considerando 38 del Regolamento UE 2016/679 (GDPR) “I minori meritano una specifica protezione relativamente ai loro dati personali, in quanto possono essere meno consapevoli dei rischi, delle conseguenze e delle misure di salvaguardia interessate nonché dei loro diritti in relazione al trattamento dei dati personali. Tale specifica protezione dovrebbe, in particolare, riguardare l’utilizzo dei dati personali dei minori a fini di marketing o di creazione di profili di personalità o di utente e la raccolta di dati personali relativi ai minori all’atto dell’utilizzo di servizi forniti direttamente a un minore (…)”.
Si richiama al suddetto considerando proprio l’articolo 8 del GDPR (Condizioni applicabili al consenso dei minori in relazione ai servizi della società dell'informazione), secondo cui “1. Qualora si applichi l’articolo 6, paragrafo 1, lettera a), per quanto riguarda l’offerta diretta di servizi della società dell’informazione ai minori, il trattamento di dati personali del minore è lecito ove il minore abbia almeno 16 anni [14 anni per l’ordinamento italiano, ex d.lgs. 101/2018, art. 2 quinquies]. Ove il minore abbia un’età inferiore ai 16 anni, tale trattamento è lecito soltanto se e nella misura in cui tale consenso è prestato o autorizzato dal titolare della responsabilità genitoriale (…) 2. Il titolare del trattamento si adopera in ogni modo ragionevole per verificare in tali casi che il consenso sia prestato o autorizzato dal titolare della responsabilità genitoriale sul minore, in considerazione delle tecnologie disponibili (…)”.
La tutela della vita privata e dell’immagine dei minori sono disciplinati nell’ordinamento italiano, nell’art. 10 c.c. (concernente la tutela dell’immagine), nel combinato disposto degli artt. 4,7,8 e 145 del D.Lgs. 196/2003 (riguardanti la tutela della riservatezza dei dati personali) e nella legge 176/91 all’art. 16 stabilisce che: “1. Nessun fanciullo sarà oggetto di interferenze arbitrarie nella sua vita privata, nella sua famiglia, nel suo domicilio o nella sua corrispondenza e neppure di affronti illegali al suo onore e alla sua reputazione. 2. Il fanciullo ha diritto alla protezione della legge contro tali interferenze o tali affronti”), sottolineando in modo netto come debba essere necessariamente data preminenza agli interessi e alla dignità del minore”.
Nel caso in cui siano i genitori stessi a pubblicare foto di minori, come si concilia la tutela del diritto all’immagine con la tutela del minore?
Dall’art. 8 del GDPR si desume solamente che qualora il minore abbia un’età inferiore ai 16 (14, nel caso dell’ordinamento italiano) anni, il trattamento dei dati è lecito soltanto se e nella misura in cui tale consenso è prestato o autorizzato dal titolare della responsabilità genitoriale.
Il problema, tuttavia, si pone quando, seppur in presenza del consenso del genitore al trattamento dei dati, si rischia di oltrepassare la sottile linea del lecito e del legittimo andando ad intaccare la sfera privata del fanciullo.
Ad oggi, però, non esiste una normativa volta a tutelare una situazione così specifica relativa allo sfruttamento delle immagini del minore da parte dei genitori stessi.
Un tentativo per fronteggiare il problema è stato attuato, tra luglio e settembre 2019, da Facebook rimuovendo ben 11.6 milioni di immagini inappropriate di minori o violative delle regole contro lo sfruttamento degli stessi.
Anche in Italia, la stessa Codacons con una lettera indirizzata a Facebook ha richiesto di intervenire sospendendo la pubblicazione su Facebook ed Instagram di tutte le immagini ritraenti minori e diffuse in violazione della normativa vigente.
Tentativi dissuasivi dalla scelta, da parte di ciascun genitore, di pubblicare l’immagine del proprio figlio, anche se è una pratica complessa da tenere sotto controllo, data proprio l’oggettiva impossibilità di valutare il limite della liceità del consenso prestato dal genitore.
Nonostante la normativa nazionale e quella del GDPR ritengano lecito il trattamento dei dati del minore soltanto se e nella misura in cui il relativo consenso sia prestato o autorizzato dal titolare della responsabilità genitoriale, nulla, tuttavia, si dispone nel caso in cui la prestazione del consenso genitoriale non tenga conto di quanto rimarcato dall’art. 8 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, il quale, stabilendo dapprima ogni persona ha diritto alla protezione dei dati di carattere personale che la riguardano, precisa, al comma 2, che detti dati “devono essere trattati secondo il principio di lealtà, per finalità determinate e in base al consenso della persona interessata o a un altro fondamento legittimo previsto dalla legge”. Circostanza che certamente deve osservare chi si appresta a trattare i diritti del fanciullo, ma di cui i genitori dovranno tener conto all’atto della pubblicazione della foto del proprio figlio, quantomeno in un’ottica di prevenzione.
In conclusione, non esistendo una disciplina specifica, sino a quando l’autorità giudiziaria o quantomeno il Garante si adoperino a tal fine, è solo possibile confidare nel buon senso dei genitori.
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