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giovedì 14 gennaio 2021
Avv. Gianni Dell’Aiuto
Il grave problema del deepfake (per approfondire vedi qui) ha indotto il Garante per la Protezione dei dati personali ad un intervento e, poco prima dell’ultimo Capodanno, è stato pubblicato un vademecum per cercare di sensibilizzare gli utenti della rete nei confronti dei rischi che si corrono dall’uso di questa tecnologia: rischi conseguenti al massiccio uso di app che permettono di modificare l’aspetto delle persone e ricrearne la voce adattando video e immagini col solo uso di un banale smartphone, grazie a sistemi di intelligenza artificiale.
Il Vademecum è disponibile qui > Deepfake - Il falso che ti «ruba» la faccia (e la privacy)
Non a caso l’origine di questo neologismo vede la combinazione dei termini “fake” e “deep” che, in questo caso, deriverebbe dal deep learning, una tecnologia di intelligenza artificiale. In estrema sintesi un deepfake può essere un’immagine nella quale, ad esempio, con perfezione assoluta di risoluzione, nitidezza e particolari, si vede un leader di sinistra inneggiare con un saluto fascista, un leader di qualsiasi partito sposato ripreso a letto con una prostituta fino a veri e propri filmati in cui ad un sacerdote vengono fatte uscire dalla bocca incredibili bestemmie o veri e propri video porno in cui personaggi famosi vengono mostrati in esibizioni di alto contenuto erotico tra loro o con altre persone.
Nel suo documento, il Garante si è premurato di porre in evidenza come, in primo luogo, il deepfake costituisca una delle più gravi forme di furto di identità in quanto le vittime, a loro insaputa, perdono il controllo non solo sulla loro immagine, ma anche sui pensieri, le idee e anche i comportamenti. È intuibile il danno che ne può derivare ad una persona e i rischi di ricatto per chiunque, anche solo per una persona qualsiasi che si trovi rappresentata in un video erotico con colleghi di lavoro o vicini di casa. Difficile spiegarlo alla moglie o a un fidanzato.
Una simile illecita attività può assumere le forme più svariate: esistono infatti app che provvedono a spogliare letteralmente le persone e farle apparire nude con il loro reale corpo senza dover ricorrere a fotomontaggi. La somiglianza all’originale è perfetta grazie alla possibilità di nitidezza delle immagini e ai sistemi di intelligenza artificiale che sono alla loro base. Un passo ben oltre il revenge porn che, nella maggior parte dei casi, è limitato alle immagini che incautamente sono state messe in rete da qualcuno che si è ripreso o fatto riprendere in atteggiamenti intimi e/o si è maldestramente fidato del destinatario.
Il deepfake può infatti estendersi ad immagini di bambini e giungere fino alla pedopornografia: non dimentichiamoci infatti che la rete è piena di immagini di bambini che vengono messe in giro da orgogliose mamme, papà, nonne, zie e cugini che hanno il malsano ed esibizionistico vizio di voler rendere pubblica all’intero popolo della rete non più soltanto quella che è la loro vita, ma anche quella di figli e nipoti, senza neppure minimamente pensare ai rischi a cui espongono soggetti che, viceversa, hanno bisogno della maggiore tutela. Non dimentichiamoci inoltre che, indipendentemente dalla quantità spesso incredibile di immagini regalate sui social, chiunque ne venga in possesso può provvedere a ringiovanirle o invecchiarle a suo piacimento con una semplice app da scaricare gratuitamente e, addirittura, attingere ancora all’archivio fotografico di chi ha voluto far sapere a tutti come era la sua faccia dieci anni fa e di come sarà tra venti o trenta. In quanti hanno resistito alla tentazione di partecipare ad una challenge su un social? Non ultima fonte di immagini per i malintenzionati è l’ormai tristemente noto TikTok, il social cinese che è il regno di preadolescenti che si scatenano al di fuori del controllo degli adulti, potendo accedere liberamente ad una piattaforma che non ha controlli per l’accesso e, apertamente, dichiara che cederà “ai suoi partner e non solo ogni immagine e dato di cui verrà in possesso".
Più che mai opportuno è quindi il provvedimento del Garante che, si confida, abbia la giusta visibilità e non venga lasciato all’attenzione solo di chi decidesse di informarsi online. L’utente medio di internet, lo sappiamo, è molto distratto e preso da manie esibizionistiche: una adeguata diffusione nelle scuole, ma prima ancora nei gruppi e nelle chat di mamme sarebbe a dir poco opportuna.
Il Garante indica alcune raccomandazioni di carattere generale, ma comunque indispensabili, quali regole da seguire a cominciare dall’evitare di diffondere immagini e dei propri cari; ma bastano pochi secondi perché chiunque possa salvarsele su un computer e ne faccia l’uso che preferisce. Le più importanti piattaforme social hanno allo studio sistemi per contrastare questa pericolosa pratica mediante algoritmi che individuino i deepfake: il problema rimane quello di individuarne i responsabili. Le nuove tecnologie, l’intelligenza artificiale e le possibilità di agire in anonimato, lasciano fondati dubbi.
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