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Burattini, burattinai e vittime del Web: la responsabilità etica delle imprese


lunedì 25 novembre 2024
Di Avv. Gianni Dell'Aiuto



Le piattaforme social sono diventate il cuore pulsante di una società che corre dietro alla visibilità come fosse la sola misura del valore umano. Ma dietro alla leggerezza di un selfie o di un video sponsorizzato si nasconde un problema che non riguarda soltanto chi sfrutta questi strumenti per scopi illeciti, ma anche chi li gestisce, tra profitti miliardari e una vigilanza spesso inesistente. Certo, i veri criminali sanno benissimo quello che fanno: organizzano, manipolano, truffano con una consapevolezza precisa.

Illusioni da Social Network

Eppure, il dramma non sta solo lì. C'è un'altra categoria di vittime, forse ancora più numerosa e tragica: quella dei giovani illusi da un mondo fatto di filtri, promesse di fama e ricchezza, e una perfezione artificiale che nasconde vuoti profondissimi.

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I social, oggi, offrono l’illusione che tutto sia possibile, che basti essere visti per essere amati, che basti un click per raggiungere il successo. È il terreno ideale per fenomeni come i cosiddetti Calippo Tour e Chinotto Tour, dietro ai quali si mescolano truffa, sfruttamento del corpo e prostituzione mascherata. Questi casi sono solo la punta dell’iceberg di un sistema che permette e, talvolta, incentiva comportamenti discutibili.

Si parte da Instagram o Telegram, si passa per abbonamenti su OnlyFans, e si arriva a una transazione economica che riduce le persone a merce. Qui, però, non possiamo chiudere gli occhi sul ruolo delle piattaforme: non sono semplici strumenti neutri. Sono aziende che guadagnano cifre colossali proprio grazie a quei contenuti che dichiarano di voler regolamentare.

La loro responsabilità non è solo legale ma anche morale. Se guadagni miliardi gestendo i dati e le vite di milioni di persone, hai il dovere di garantire che il tuo strumento non diventi una macchina illegale di sfruttamento. Invece, troppo spesso, tutto si riduce a scaricare la colpa sugli utenti: "Sono loro che violano le regole". Ma chi ha creato quelle regole? Chi decide cosa si può fare e cosa no? E chi, in definitiva, sta lucrando su tutto questo?

E poi ci sono i giovani. Non quelli che delinquono consapevolmente, ma quelli che si perdono. Quelli che inseguono modelli irraggiungibili, si confrontano con vite perfette che non esistono, e finiscono per sentirsi inadeguati. La depressione, sui social, non è un fenomeno raro: è un'epidemia silenziosa che colpisce chi si illude che basti un filtro per essere felici. E allora ecco la domanda che nessuno vuole affrontare: chi protegge queste persone? Chi impedisce che il mito del successo facile si trasformi in un abisso di solitudine?

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E le piattaforme?

Il vero progresso non è fare più soldi con meno scrupoli, ma costruire un mondo digitale che non sfrutti le fragilità umane. E finché le piattaforme social non capiranno che la loro responsabilità va ben oltre i termini di servizio, resteranno complici di un sistema che distrugge lentamente ciò che di più prezioso abbiamo: la nostra umanità.

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C’è poi un altro aspetto che troppo spesso viene dimenticato: nulla di ciò che viene pubblicato sui social sparisce davvero. Piattaforme e siti conservano tutto, e quel video che oggi ci fa sembrare simpatici o quel contenuto che suscita risate può riemergere tra anni, magari quando le circostanze della nostra vita sono cambiate, e diventare motivo di imbarazzo, se non di vergogna. L’eternità del digitale non perdona, e prima di cedere alla tentazione di un click dovremmo ricordarci che ciò che mostriamo oggi potrebbe definirci anche domani, quando non lo vorremmo più.

Un’ ultima nota specifica sulla vicenda del Calippo Tour; non posso dimenticare di essere un avvocato. Nell’ipotesi in cui venisse dimostrata la verità di quanto emerso dal servizio de Le Iene, si aprirebbero le porte a fattispecie di natura penale che possono andare dalla truffa fino allo sfruttamento della prostituzione oltre a una serie di reati di natura tributaria e, oltretutto, senza escludersi anche l’ipotesi associativa.

E stendiamo un pietoso velo sugli utenti che foraggiano questo mercato esponendosi al rischio di ricatti. O non ci hanno mai pensato?




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